STORIA DI UN CANE CHE INSEGNÒ A UN BAMBINO LA FEDELTÀ
LA VITA DI LUIS SEPÚLVEDA
Luis Sepúlveda nasce ad Ovalle, in
Cile, il 4 ottobre del 1949. Già la sua venuta al mondo anticipa il peregrinare
instancabile dello scrittore e la sua esistenza segnata dalle vicende politiche
del Sud America.
Luis nasce in una camera
d’albergo: i genitori sono ricercati per motivi politici, gli stessi che hanno
costretto il nonno a fuggire dall’Andalusia. Il nonno era Gerardo Sepúlveda,
detto Ricardo el Bianco, un anarchico.
Lo scrittore passa i primi anni
della sua vita con il nonno a Valparaíso. In quel periodo un’altra figura
importante è il prozio… ma ne parleremo tra un po', perché molto ha attinenza con il
racconto in oggetto.
Nella sua infanzia impara l’amore
per la narrazione; e anche per la lettura, prediligendo i romanzi di avventura.
Luis passa dalla lettura alla
scrittura, e alla politica. All’età di quindici anni si iscrive al Partito
Comunista.
A diciassette anni inizia
l’impegno giornalistico presso il quotidiano Clarín, e lavora in radio.
Con il suo primo libro di
racconti Crónicas de Pedro Nadie vince il Premio Casa de Las
Americans e ottiene una borsa di Studio all’Università di Mosca. In realtà,
Luis resta poco in Russia perché viene espulso per presunti contatti con dei
dissidenti. Le voci sulle cause del suo allontanamento sono, però, molteplici.
Tornato in Cile, Luis viene
espulso dal Partito Comunista. Il suo impegno politico e “rivoluzionario”,
però, non si arresta: lo scrittore parte per la Bolivia e milita nell’Esercito
di liberazione Nazionale, l’organizzazione di guerriglieri guidata da Ernesto
Guevara, detto il Che, il quale era impegnato nella diffusione della
rivoluzione popolare.
Luis torna poi in Cile e completa
gli studi per diventare regista teatrale. Inizia a militare nel partito
socialista e a sostenere con tutte le forze il presidente Salvador Allende,
entrando anche nella sua guardia personale.
Purtroppo, il governo di Allende
non dura… e l’11 settembre del 1973 i vertici militari prendono il potere e
inizia così la dittatura guidata dal generale Pinochet. Allende resiste fino all’ultimo secondo, i militari irrompono nella residenza presidenziale
dove i suoi fedelissimi sono costretti a consegnarsi… ma il Presidente non si
arrende, non cede alle proposte di un presunto accordo e si spara con un Ak-47.
Luis Sepúlveda viene ARRESTATO e
torturato; resta un carcere per mesi in una cella asfissiante. Lo scrittore ottiene
la scarcerazione grazie all’intervento di AMNESTY INTERNATIONAL.
Riprende il suo impegno nel teatro
dai contenuti politici, per questo motivo viene di nuovo arrestato e viene condannato
all’ergastolo. Amnesty International interviene ancora e la pena è commutata in
un esilio di otto anni. La Svezia gli offre asilo politico e una cattedra
universitaria… ma Luis scappa durante il viaggio, intenzionato a raggiungere il
Paraguay. Riesce a raggiungere l’Uruguay; a causa di problemi politici deve,
però, scappare.
Arrivato in Ecuador riprende la sua
attività teatrale. Si impegna, poi, anche in un progetto dell’UNESCO rivolto
allo studio delle civiltà indigene e sull’impatto da queste subito dalla “civilizzazione”.
Nel 1978, si reca in Nicaragua.
Nel paese è in atto la Rivoluzione… dopo la vittoria dei rivoluzionari, Sepúlveda
inizia girare l’Europa.
All’inizio degli anni ottanta
inizia l’impegno dello scrittore in GREENPEACE. In seguito, si sposta in Spagna
per poi tornare in Cile.
Nel febbraio del 2020, lo
scrittore è in Portogallo per il festival letterario Correntes d’Escritas;
purtroppo Luis e sua moglie contraggono il Coronavirus, che sta iniziando a
diffondersi in tutto il mondo. Dopo un lungo coma si spegne nell’Ospedale
Universitario delle Asturie, ad Oviedo, il 16 aprile.
Noto alle masse per il suo Storia
di una gabbianella e del gatto le insegnò a volare, Luis Sepúlveda
lascia una immensa eredità letteraria ed emozionale.
STORIA DI UN CANE CHE
INSEGNÒ A UN BAMBINO LA FEDELTÀ
Introduzione alla storia
Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà è un libro del 2015; il titolo originale è Historia de un perro llamado Leal.
La storia ha una brevità che contrasta…
anzi esalta il suo contenuto ENORME. Questo racconto è un ESEMPIO, è la
descrizione dei lati più oscuri e distruttivi dell’umanità ma anche delle
bellezze del mondo, e dei sentimenti puri e in linea con le leggi della Natura. Ci
sono due tipi di umanità che vengono mostrati al lettore: l’uomo moderno
spietato, infelice e irrazionale; e l’uomo pacifico, silenzioso e segnato dall’onore
e dal coraggio, un uomo che conosce la Natura e vive in essa con rispetto e
consapevolezza.
Il narratore è un cane, un
pastore tedesco. La scelta della razza è assolutamente in linea con la messa a
nudo dell’umanità negativa, quella legata al valore delle cose, che non è un
reale “valore”.
Il cane sta cercando un fuggitivo
e lo fa per degli uomini. L’oggetto delle ricerche è un Indio ed è
assolutamente importante acciuffarlo. Non possiamo pensare che il cane sia cattivo
e quindi siamo invitati a pensare che i motivi della ricerca siano seri, e
quasi tifiamo per la cattura.
L’autore ci narra la storia attraverso
lo scorrere dei pensieri dell’animale: il cane ci racconta cosa accade e il
tutto viene intervallato dai dialoghi brevi e rabbiosi degli uomini. Sì, iniziamo
ben presto a capire di che natura sono fatti quegli individui che arrancano tra
erba, alberi, pioggia e disagi. Questi personaggi sono aggressivi ma totalmente
impauriti. Il cane avverte l’odore di quel “branco”, che sa di paura. Il fetore
della paura degli uomini è forte ma non attenua i sentori che provengono dal
fuggiasco… quelli, però, sanno di farina, miele e di tutto ciò che il cane ha
perduto.
Possiamo subito intuire che il
cane non ha sempre vissuto tra quegli uomini come uno strumento senza vita da
maltrattare.
Il fuggiasco riesce a muoversi
velocemente e gli uomini sono costretti a fermarsi più volte: loro non
conoscono lemu, il bosco, e accendono fuochi soffocati e circondati dal fumo.
Se non si conosce il bosco non si sa quali sono i suoi doni: si sceglie la
legna sbagliata e lemu non offre i suoi servigi se non è trattato con rispetto
e sapienza. Tutti gli uomini sembrano trascinarsi senza capire nulla di ciò che
intorno a loro parla e vibra. Le parole degli animali vengono udite solo dal
cane, che riesce a distinguere il gracidio della rana, il canto sommesso del gufo,
le ali del pipistrello che si nutre. Tutto è in perfetta armonia, tranne gli
uomini. Il branco di cacciatori è a disagio. Gli uomini litigano costantemente
tra loro… e il capo svetta per freddezza e crudeltà. Egli non è malvagio solo con
il povero cane ma anche con i suoi simili: se uno del branco prova a nutrire l’animale
il capo prende a calci il pezzo di pane e protesta… un cane deve essere
affamato per cercare bene; se così egli crede non potrebbe essere diverso se ad
aver fame fosse un suo simile che non ha adempiuto ai suoi presunti doveri.
Il cane in sogno vede, come
accade per tutti gli esseri che riescono a “vedere” realmente: il pastore tedesco
è uno sciamano, non per investitura ma grazie agli insegnamenti quotidiani che
ha avuto dalla Gente della Terra.
Cane, perché così l’animale
viene chiamato dagli uomini, in sogno rivive il giorno in cui cadde nella neve.
Tra le alte montagne una carovana si spostava tra gli aromi di mate,
carne secca e farine. Una borsa conteneva Cane, che però cadde, e nessuno
se ne accorse. Abbandonato e acciecato dalla corsa per raggiungere i cavalli
che poco prima trasportavano lui, uomini e merci rimase solo, ma ecco che una
tiepida lingua giunse a rassicurare il cucciolo. Un salvatore grande e fiero
prese con sé Cane. La nuova casa che trovò ad accoglierli era una
caverna. Ma un pichitrewa, un cucciolo di cane, non poteva restare con quella
creatura. In pochi giorni Cane venne nutrito, e iniziò ad imparare la forza
delle sue zampe… ma non poteva restare: il suo compagno aveva già in mente un
piano.
Dopo questa visione onirica
giunge il mattino: a Cane viene ancora negato un pasto dal capobranco,
che si scaglia contro un suo simile il quale, spinto dalla compassione, lancia un
pezzo di pane all’animale.
Cane è affamato e stanco…
ma non è arrabbiato: è lucido e intenzionato a portare avanti la sua missione.
Gli uomini, invece, sono completamente furiosi e confusi dal disagio provato
nello stare nella foresta, e dalla stanchezza. Cosa fanno gli uomini quando
sono arrabbiati e in difficoltà? Si scagliano l’un l’altro… questa gente che proviene
dalla civiltà è molto diversa dalla Gente della Terra.
Il fuggiasco ha lasciato tracce
di sangue… il cane avverte ogni suo segno. Ma l’animale ha un piano, come il
suo salvatore, tanto tempo fa. Il pastore tedesco fa il suo lavoro e fiuta e sa
benissimo dove si sta dirigendo il fuggitivo. Gli uomini pensano che la cattura
sia vicina e seguono ogni segnale lanciato dal loro schiavo a quattro zampe. Ma
Cane ha un piano e gli uomini non giungono a nulla se non a luoghi
scomodi che loro sono incapaci di sopportare… il branco corre, anzi arranca. Cane
si distanzia da loro e si ferma a gustare l’acqua fresca tra le pietre del fiume;
i morsi della fame sono sempre più forti e l’animale cattura un topo di
montagna, un tunduku. Cane uccide in modo molto diverso dagli
uomini e dalle loro armi per ammazzare. Il pastore tedesco non appartiene al
mondo civilizzato: lui appartiene alla Gente della Terra. Cane sgozza il
topolino… e poi gli chiede PERDONO: dalla Gente della Terra ha imparato che l’uomo,
il che, deve chiedere perdono all’albero che abbatte, alla pecora che tosa.
L’animale ha imparato che ci si ciba per quel che basta, e agli altri fratelli
viventi si lascia il resto, come in un grande banchetto dove tutti si è alla
pari senza affamare, odiare, umiliare.
Ecco che il tuono, un altro fratello,
arriva a sconquassare l’aria e a portare il temporale. Cane riesce a
trovare un riparo, mentre gli uomini restano a urlarsi contro tra i canneti e
la fanghiglia. Il sogno ritorna a portare visioni all’animale/sciamano addormentato.
Nello spazio del sogno, una storia racconta di un giaguaro, un nawel,
che un giorno portò qualcosa tra le ruka, le case della Gente della
Terra. Ogni porta di quelle abitazioni è puntata ad est, dove il sole sorge… ma
in quella mattina fredda un altro dono della Natura arrivò su quelle soglie.
Wenchulaf, che significa uomo
felice, trovò qualcosa e lo portò dentro alla ruka. Dentro quelle abitazioni
si svolgeva l’ayekantun, l’appuntamento quotidiano in cui si narravano
storie… e Wenchulaf era la voce di quella sapienza tramandata tra le generazioni.
Il cielo aveva portato un dono e la Gente della Terra sa che si accettano e
amano tutti i doni che il cielo manda.
Cane riesce a sentire le
braccia di Wenchulaf, mentre sogna.
Nei ricordi vivi di Cane
vi è un altro nome: Aukaman, cioè condor libero. Un sogno può avere profumi,
e quegli odori piacevoli sono fatti di farina e di latte e di miele… come quelli
del fuggiasco. Mentre imperversa il temporale, il sogno di Cane gli ricorda
il suo VERO NOME: AUFMAN, che nella lingua della Gente della Terra significa leale,
fedele.
“Questo cucciolo ha dimostrato
lealtà a monwen, la vita, non ha ceduto al comodo invito di lakonn,
la morte, perciò si chiamerà Aufman, che nella nostra lingua significa leale e
fedele.”
Ciò che lo Spirito della Terra
porta è per il nostro bene; la gratitudine è il nostro dovere verso di esso. Cane
lo sa bene ed è grato della sua missione.
Il mattino arriva e solo le frustate
attendono il pastore tedesco; è proprio la sua razza a far diventare Cane
una proprietà degli Uomini della “Civiltà”. Un giorno era diventato il cane del
capobranco… per un merito che Cane aveva guadagnato più per istinto che
per intento: il pastore tedesco non avrebbe mai voluto vivere in una gabbia o
ricevere ordini dal capobranco. Questo accadde, e tante cose Cane perdette.
Un giorno, però, il suo ruolo di
cacciatore per il capobranco aveva assunto tutta un’altra importanza: odio, un
abbaio e uno sparo… e da lì Aufman era tornato a essere se stesso, fingendo, però, di
essere Cane.
Il fuggiasco verrà trovato? E qual
è il piano di Aufman? Chissà se le cose che ha perduto possono essere ritrovate…
In questa storia molti Giusti
vengono oppressi; qualcuno perde la vita… e la Natura ascolta e vede e osserva.
Dimenticare lo Spirito della Terra priva gli uomini della VERA vita. Morire è
un ricongiungimento, la brama di afferrare e rubare altre vite, invece, è un tipo di "morte" che
non avrà mai consolazione e pace.
PERCHÉ
SEPÚLVEDA
HA SCELTO DI SCRIVERE QUESTA STORIA
Lo scrittore sente di avere un
debito: la sua vocazione di scrittore la deve ai suoi nonni, che come tutti i nonni
raccontavano tante storie; e soprattutto al suo prozio Ignacio Kallfukurá,
un mapuche, un appartenente alla Gente della Terra. Luis ascoltava le
storie, che il prozio narrava nella lingua dei mapuche, non capiva molto ma riusciva
a comprendere tutto… perché dopotutto anche Luis era un mapuche.
Nell’introduzione, lo scrittore
ci racconta di tutto questo passando anche per il ricordo del succo delle mele
appena raccolte. Lui avrebbe voluto poter raccontare storie ai bambini mapuche,
alla fine sceglie di portare tutti bambini del mondo davanti a quei falò nella
Wallmapu, il paese della Gente della Terra.
Intraprendere questo viaggio
significa stare in silenzio, come quando si ascolta qualunque storia. Le voci
più importanti non sono quelle altisonanti della “civiltà” ma quelle della vita
come si manifesta attraverso lo Spirito della Terra che tutto permea. Ogni cosa
ha una vita. Sedersi intorno a questo immaginario falò implica la crescita
interiore attraverso il rispetto, la sapienza di ciò da cui ogni cosa nasce… è
una lezione che non passa per grandi calcoli, no. La Natura aspetta come anche il
vero e puro Amore, e l’amicizia.
Credo che questa piccola storia
abbia una grandezza che a stento si può contenere in una sola lettura di qualche
ora. Sepúlveda
è un cammino di vita. Lui voleva rivoluzionare il mondo: ha combattuto, ha
sofferto il carcere e la repressione… alla fine la sua GRANDE RIVOLUZIONE è
riuscito a farla. Volete rivoluzionare il mondo? A volte basta solo saper
ascoltare.
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