di
DOMENICO CIAMPOLI
Ph Francesca Lucidi
Anno di Pubblicazione 2019
Edizione 1°
Editrice Aliribelli Edizioni https://www.aliribelli.com/prodotto/fiabe-abruzzesi/
Prezzo di copertina €10,00
Copertina flessibile
L’AUTORE
Domenico Ciampoli, scrittore, bibliotecario e slavista nato ad Atessa il 23 agosto del 1852. Studia primamente nel suo Abruzzo, concludendo il liceo a l’Aquila; in seguito, si laurea in lettere all’Università di Napoli.
Inizia a insegnare, prima nei licei e poi nelle università. Cura diverse traduzioni di canti epici slavi, oltre a racconti e romanzi di classici russi come Tolstoj e Gogol. Quest’ultimo autore non può non riportarci alle suggestioni folkloristiche che tanto hanno trovato esaltazione nell’opera di Ciampoli sulla cultura abruzzese. Lo scrittore ha caro il suo bagaglio di ricordi e lo nutre con ricerche sul campo, che si esplicitano nell’ascolto della voce del popolo, dei contadini, delle donne. Ciampoli cura un filone verista di matrice abruzzese: pubblica nel 1878 BIANCA DEL SANGRO e FIORI DI MONTE, nel 1880 FIABE ABRUZZESI e RACCONTI ABRUZZESI. Le prime prove vengono accolte con minore entusiasmo rispetto al lavoro del 1882, TRECCE NERE, dalla maggiore attenzione verso i particolari di costume.
Ciampoli lascia l’insegnamento nel 1892 ed inizia a lavorare nelle biblioteche, dirigendone alcune tra le più importanti del paese come la Biblioteca Nazionale di Roma. All’inizio degli anni Venti va in pensione e muore pochi anni dopo a Roma, il 21 marzo del 1929.
FIABE ABRUZZESI
INTRODUZIONE
Aliribelli recupera questo straordinario lavoro quasi sconosciuto e lo pubblica nel 2019. Il volume è breve, ma duro, affascinante e indimenticabile come le colline e le montagne d’Abruzzo: merlate di castelli misteriosi, di rocce illuminate dal sole cocente delle estati torbide o dal gelo cristallino degli inverni ululanti. Le ginestre tingono di giallo paesaggi sconfinati che non smettono mai di parlare al viaggiatore curioso, all’ascoltatore attento, all’astante sorpreso in un sentiero dall’urlo del gheppio o dal volo maestoso del grifone. In Abruzzo puoi trovare rughe sorridenti che stanno sedute nelle viuzze del borgo; le mani affaccendate ricamano e intrecciano, mentre le bocche raccontano di ombre e santi, di morti e salvezze. Mentre ti fermi puoi scorgere un portale antico, iniziali principesche su architravi o bifore. Quel muro scrostato mostra una Madonna, e una donna passa e si segna mentre una preghiera mescola italiano e dialetto in una formula di protezione senza tempo o autore. Ecco che nell’aria si avverte il ribollire di sughi e zuppe, e il pane fragrante fa da contrappunto a ossa rotte di cui la storia ancora continua a parlare… tra chi sta seduto a tavola, sia esso abruzzese o straniero ben accolto.
ABRUZZO FORTE E GENTILE, così si dice. Ciampoli ci conduce alla scoperta di misteri che saranno monito o trastullo; di personaggi che ancora sopravvivono in energie che ti fanno salire un sussulto mentre giri per quel cunicolo o quella strada di montagna. Folklore dal nero mantello ed elementi gotici classici che promettono e mantengono ricchezze, stupore, compassione e rapimento emozionale.
Tutto “FORSE È STORIA ED È IN VOCE DI LEGGENDA”.
Cinque racconti: LA RUPE DELLA ZITA, LA MAGGIORANA, ASILO, IL POEMA DI CORRADINO e IL DUCA ZOPPO.
Storie di passione, morte, dannazione o ascesa al cielo fin tra le braccia della Vergine Maria; burle o vicende che ancora fanno paura e vanno raccontate sottovoce, dando la responsabilità della fonte a qualcun altro. Fantasmi insanguinati o scheletri che camminano; vesti dorate e corone del primo di maggio. Si banchetta e si beve, si ascolta e si prega. So che una nube rossa inghiottì un’abbazia… e io son di quelle zone e posso dire che certi alberi paiono aver brandelli di mantello e lacrime di dolore. Dante Alighieri stesso denunciò chi con scaltrezza portò morte e sconfitta: “Tagliacozzo, Ove senz’armi vinse il vecchio Alardo”.
Una raccolta per proteggere la specificità del seme di un’Italia che è ricca per ciò che custodirono e custodiscono le genti; in amore, rispetto, conoscenza e cura. Ogni muro che cade nell’incuria è una parte di noi che non tornerà mai più. I libri sono i padri e le madri delle memorie di cui non dobbiamo mai fare a meno.
UNO SGUARDO AI RACCONTI: TEMATICHE E STILE
I cinque racconti attraversano l’Abruzzo, da Gissi a Popoli fino ai Piani Palentini con un occhio a Scurcola Marsicana e l’altro a Tagliacozzo. La voce è impersonale o dello stesso autore che veste i panni del viaggiatore curioso o del cantore che si prende la responsabilità di un poema epico in prosa, vero e immaginifico, popolare e storico. Tutto è dato come vero o presunto, comunque indiscutibile perché la gente è testimone e documento; depositario e protettore. Le parole creano un linguaggio ostico e musicale; passando dal tono solenne all’armonia ripetitiva di parole che paiono un canto facile da ricordare, o per lo meno indimenticabile per il contenuto oscuro e affascinante. L’atmosfera è accattivante perché quotidiana e sublime insieme; si conosce la storia attraverso ciò che resta più impresso: le sensazioni, i brividi e lo stupore. Puoi guardare un burrone e ti sembra di vedere amanti fantasma, puoi sapere che ci sono segrete da visitare che possono essere la prova della fine di un curato ambizioso un po' troppo fiducioso. Nei tempi dei cavalieri non v’era solo onore ma anche una sete di vendetta paziente e affilata. Le genti sono ritratte in una semplicità ricca: si conoscono usi e costumi attraverso sentori di magia e fiaba che mettono in secondo piano date e nomi reali, che però si avrà la voglia di andare a cercare… tanto restano attaccate certe sentenze e azioni. Non c’è rudere, chiesa o castello senza la sua storia: eventi reali si sono arricchiti delle impressioni degli abitanti guadagnando una longevità di cui il Ciampoli ha bevuto e ce ne offre un sorso che ti fa alticcio, traballante ed eccitato.
L’aratro, la spada e la nobiltà di un popolo che è baluardo di storie e affetti. Ciampoli rivendica la dignità della tradizione popolare, del poema mai concluso che si riscrive in ogni bocca che lo fa rinascere e sopravvivere:
E perché no? Forse il popolo non ha i suoi poemi che si tramandano di padre in figlio […]
Tutto che è forte e gentile, mesto e meraviglioso trova un’eco fedele tra la queta pace dei boschi, tra le rupi ove dominano il montanaro e l’aquila, dove al soffio della tramontana fischiano ancora i merli del bieco castello feudale, e paiono raccontare storie di terrore.
CENNI STORICI SULLA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO
CARLO D’ANGIÒ Figlio del re di Francia Luigi VIII Il Leone e di Bianca di Castiglia. Re di Sicilia dal 1266 fino ai Vespri Siciliani del 1282. In seguito, continuò a regnare sulle terre peninsulari del Regno, con capitale Napoli. Guadagnò numerosi altri titoli come Conte di Provenza e di Forcalaquier, per il matrimonio con Beatrice di Provenza; e Conte di d’Angiò e del Maine per investitura dal fratello, re di Francia, Luigi IX Il Santo. Carlo conquisto anche l’Albania e si autoproclamò Re nel 1272. Da Maria di Antiochia comprò il titolo di Re di Gerusalemme.
LA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO Combattuta nei Piani Palentini il 23 agosto del 1268 tra i ghibellini di Corradino di Svevia e le truppe di Carlo di parte guelfa; viene ricordata con il nome di “Battaglia di Tagliacozzo” perché la città era sede comitale.
Carlo era stato investito del Regno di Sicilia da Papa Clemente IV, Corradino era stato chiamato dai ghibellini per rivendicare il trono dopo la morte di Corrado di Svevia, e la sconfitta dello zio Manfredi presso Benevento. Corradino si dirige in Puglia a Lucera, che si era ribellata ed era sotto assedio delle truppe angioine. Carlo era impegnato nella crociata per debellare la presenza islamica in Italia meridionale.
Carlo raggiunse Corradino e la battaglia si svolse nei Piani Palentini, nei territori pianeggianti di Scurcola Marsicana. Le truppe di Corradino erano più nutrite rispetto alle angioine. Come trappola gli angioni persero una prima battaglia, e i ghibellini gioirono… ma in realtà andarono verso insegne regali messe ad arte e Carlo era da tutt’altra parte. Rotti gli schieramenti le truppe angioine, composte da 800 elementi, nel frattempo si erano nascoste dietro un avvallamento. Lo schieramento ghibellino venne preso di sorpresa e si consumò un massacro. Corradino fuggì, prima a Roma poi presso Nettuno per imbarcarsi probabilmente verso Pisa. Il Signore del luogo lo tradì e consegnò a Carlo d’Angiò. Corradino fu processato sommariamente e decapitato presso l’attuale piazza del Mercato di Napoli, il 29 ottobre del 1268.
La battaglia venne ricordata da Dante Alighieri nel XXVIII canto dell’Inferno.
In occasione della vittoria, Carlo finanziò la fondazione dell’Abbazia di Santa Maria della Vittoria.
Il Ciampoli ci racconta di una nube di sangue e un presagio. L’Abbazia non resistette oltre il XVI secolo. I portali originali sono stati trasferiti nelle altre chiese principali di Scurcola.
OSSERVAZIONI SULL’EDIZIONE
Felice della scelta di aver promosso una proposta tanto coraggiosa e direi necessaria. Aliribelli cura diverse pubblicazioni atte a far conoscere le tradizioni e la storia di varie parti dell’Italia Centro-Meridionale. Avrei però inserito un’introduzione che potesse permettere una più ampia conoscenza dell’autore e dei suoi intenti, magari aggiungendo qualche aiutino documentaristico di argomento storico. Avrei amato qualche immagine dei luoghi narrati, o illustrazioni a tema. Ovviamente sono tutte mie fantasie e desideri. Data la suggestiva atmosfera gotica dei racconti avrei scelto una copertina più artistica ed evocativa.
Auguro alla casa editrice un’ottima continuazione per il loro appassionato lavoro.
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