POLLINE
Una
storia d’amore
di
Davide
Calì e Monica Barengo
DAVIDE CALÍ
Nasce a Liestal, in Svizzera, il 5 febbraio del 1972.
Fumettista e scrittore, ha pubblicato anche sotto pseudonimi (Miyazawa,
Daikon).
Cresciuto in Italia, ha iniziato la sua carriera come
fumettista. La carriera come scrittore per ragazzi si avvia nel 1998. Dal 2004,
gli Stati Uniti sono la patria dove la maggioranza dei suoi lavori viene
pubblicata. Anche in Francia, Davide Calì, è pubblicato in maniera continuativa
da diverse case editrici. In Italia, i suoi lavori sono curati principalmente
dalle case editrici Kite, Orecchio Acerbo e Biancoenero. Ha collaborato anche con Arka e Zoolibri.
Alcuni suoi fumetti vengono pubblicati regolarmente
sul mensile francese Mes Premiers J’aime lire.
Davide Calì lavora anche nel campo della formazione:
ha collaborato con il MiMaster di illustrazione editoriale, con l’Ars in Fabula
di Macerata, L’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino; ha tenuto anche un
corso all’Accademia di Belle Arti di Tallin, in Estonia.
Calì è molto impegnato in numerosi progetti di
promozione della lettura, anche utilizzando il Web. Ha anche deciso di donare a
titolo gratuito alcuni di questi progetti, e ne hanno beneficiato librai,
insegnanti e bibliotecari… e la lettura!
I suoi testi sono così amati che dei suoi lavori sono
diventanti dei testi destinati al teatro per ragazzi; questo accade non solo in
Italia ma anche in Francia, Belgio e Giappone.
Molto ricca è la lista delle sue opere… come anche
quella dei riconoscimenti ottenuti.
MONICA BARENGO
Nasce a Torino nel 1990, amante dell’immagine e della
lettura, Monica ottiene il diploma con indirizzo Arti Figurative al liceo P.
Marinetti di Caluso.
Grazie a una borsa di studio per merito studia allo IED
di Torino.
Tra i riconoscimenti ottenuti spicca la selezione alla
mostra Children’s Book Fair di Bologna del 2012.
POLLINE
“Un mattino una
ragazza che mai aveva coltivato fiori
si accorse che nel
suo giardino,
da una pianta che
nemmeno sapeva di avere,
ne era spuntato
uno bianco, bellissimo.
Nel giardino c’erano
diverse piante: alcune erano spinose.
Altre ancora
avevano foglie sottili e lunghe, alcune davano
Fiori, altre no,
ma di nessuna conosceva il nome.
Quel fiore bianco
spuntato tra il verde senza nome
divenne subito il
suo preferito.”
Così inizia questo albo illustrato breve, poetico,
sospeso in un giardino di significati multipli evocati, e simboli forti che si
celano dietro frasi lievi e apparentemente semplici.
Il formato materiale è grande, i colori sembrano simulare
lettere, inviate… chissà, a sé stessi o a qualcuno. La carta appare leggermente
ruvida e una vegetazione rappresentata in maniera malinconica, monocromatica,
nasconde gli innumerevoli colori dell’animo in poche tonalità che si dividono
tra delicati tratti scuri illuminati da chiarori sporchi. L’unica figura umana
è la protagonista senza nome: le proporzioni sono innaturali e l’artistica
visione dell’illustratrice travalica il tratto per creare una manifestazione
delle emozioni e delle evocazioni grazie alla posizione delle mani, alle espressioni
accennate di un volto tondo e spigoloso come una luna piena. Tutto è molto lunare,
perché perso tra pensieri e malinconie… interrogativi e sospiri.
I protagonisti indiscussi a livello grafico sono la
ragazza e il fiore bianco, gli unici due elementi che riportano tonalità più
chiare che fanno spiccare questo affresco minimale in cui oggetti quotidiani
come una tazza di caffè diventano l’interpretazione di un tempo, di una fase,
di un momento che contiene gesti e aspettative; “pieni” e “vuoti”.
Un oggetto compare spesso: una forbice che sembra
quasi identificare la vita con le sue occorrenze, le sue apparenti crudeltà
manifestate in privazioni e allontanamenti.
Questo albo racconta una storia piccola e semplice che
non ha uno svolgimento che si risolve in un finale chiaro. La favola interviene
attraverso un animale parlante che non snocciola una morale ma frasi che
invitano a un compito per niente facile.
L’Amore è il tema principale, ma non aspettiamoci il
racconto di un incontro tra due persone. La ragazza e un fiore creano un legame,
anzi, la giovane sente dentro di sé una possessione amorosa nascere dal nulla.
La felicità, la felice fatalità non dura… il tempo passa e la protagonista
soffre pensando all’oggetto del suo sentimento che gli sfugge. I “perché” nella
sua testa sono molti, l’avvilimento si sostituisce alla sorpresa positiva.
Questo perché quelle forbici agiscono apparentemente senza un motivo e la
ragazza si trova spiazzata.
Tutti noi, quando qualcosa ci abbandona o ci viene
portato via… ci chiediamo il perché. Aspettiamo, spesso, eternamente il ritorno
di qualcosa, o di qualcuno.
Le parole di quell’animale parlante ci irriterebbero…
un anno passa e qualcosa nell’aria ricongiunge la ragazza a quelle frasi enigmatiche
che aveva ascoltato.
Facciamo attenzione ai pochi elementi che l’albo ci
mette a disposizione: la forbice lascia spazio a una chiave. Cosa sbloccherà
quella chiave?
Vi capita mai di sentire nell’aria il profumo di quel
qualcosa che non è più tra le nostre mani, e in quel sentore sentiamo sì forte quella
presenza che ci manca. Sollievo, o dolore? L’Amore può esistere solo in corrispondenza
con un “oggetto”? Crediamo che prendendoci cura di ciò che amiamo questo non potrà
mai lasciarci… a volte la cura non basta.
Giro il piatto posteriore dell’albo e vi riporto delle
parole:
“Dovresti amare
solo per amore,
né per dare
qualcosa né per esserne ricambiata.
Dovresti godere di
ciò che hai,
non di ciò che ottieni”.
Il fiore e la chiave ci congedano… e spero sarete
curiosi di sapere se la ragazza è riuscita ad arrivare a un pensiero, a un’illuminazione
balsamica per il suo cuore afflitto.
Questo è un albo per adulti, secondo me. È un piccolo
volume che non fa domande ma ne genera molte.
L’allegoria proposta è applicabile a molti eventi della vita. Si vede che i due autori sono lettori che amano i lettori… perché è proprio a questi ultimi che viene data la responsabilità del senso totale di questo libro.
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Grazie e buona lettura!