TRA LUNA E STELLE, IL VIAGGIO DI UN'ANIMA INQUIETA
Ph Francesca Lucidi
COME NASCE “SIRIUS”
Qui abbiamo un “non nome” che è lontano dal solo
celarsi dietro uno pseudonimo. Il poeta si spoglia dell’identità anagrafica,
fisica e sociale per farsi incorporeo viaggiatore alla ricerca di una identità
più vera e profonda. Nella purezza del non essere, per scelta, un uomo rinasce
dalla sua stessa solitudine, guardandola in faccia, prendendola per mano in un
percorso che vuole esplorare quella stessa condizione. Il moto è da subito
irrequieto, come già dichiarato dalla “non biografia” che si fa, invece, manifesto
poetico: una persona si ritrova sui social a condividere nell’anonimato i
prodotti creativi di una mente sensibile, arrovellata, ma anche romantica. Da
una pratica che scaturisce da una ricerca istintiva o pianificata di salvezza
ecco che nasce un torrente di versi liberi che innalzano sulla realtà una voce
che può essere la voce di tutti, perché senza nome o viso, ma che è anche
estremamente personale. Essere Uno e ritrovarsi, essere TUTTO attraverso il
potere catartico di una poesia dolcemente sofferta.
Più di settanta liriche autopubblicate, il fisico
manifestarsi di un eco che ha trovato la sua ragion d’essere anche al di fuori
dello stato psichico ed emozionale del creatore… Ecco, in un mondo che spesso
tenta di trovare sul web delle risposte, spesso troppo facili, ancor più
frequentemente sbagliate o plasmate per intenti malsani e utilitaristici, la
poesia rivendica una moderna funzione empatica e accogliente: si può stare
nell’inquietudine, si può voler desiderare un “ritorno”, si può trovare
comprensione anche da chi non si conosce direttamente. Le poesie di Sirius sono
il prodotto di una comunicazione interpersonale nata dal non essere, così in
molti si sono riconosciuti; forse anche il poeta ha ritrovato un nuovo sé
stesso. Tutto questo ha avuto luogo su un social media: è interessante
avvertire una tale occorrenza antica adattarsi e rinnovarsi nella
contemporaneità, riuscendo a confermare la propria forza e funzione. La
creazione poetica è l’estasi dell’anima che si innalza sopra la realtà per
vedere, riconoscere, nominare; onorare, distruggere e ricostruire il mondo,
interiore ed esteriore. Una persona inizia a mettere la sua anima, o l’anima in
generale come lui la può vedere o ricercare, in versi; pubblica il tutto su
Instagram, altre persone vi ritrovano qualcosa che avevano dimenticato o di cui
avevano bisogno. Il pubblico premia l’atto di coraggio di Sirius, ed ecco che
nasce questo libro, che ho apprezzato e spero sia solo un primo barlume.
Nel buio una luce resiste solitaria, come Sirio la
stella, la più luminosa… che spesso si mostra senza compagnia e diviene amica
di uno sguardo che percorre il cielo in ricerca.
Ora lo andremo
a scoprire.
STRUTTURA E ANALISI GENERALE
Il volume ha un filo conduttore, anzi, dovrei dire un
cono di luci e ombre che si apre al nostro passo a partire dalla copertina,
illustrata da Nadia Marconi. La simbologia proposta sfrutta sensi digitali e
analogici: c’è la donna come essere corporeo e carnale; le forme sono generose
e voluttuose… ma perse in un tratteggio vago e simbolico che nell’uso del
giallo va ad accumunare la figura femminile con la luna e le stelle. Un astro
par brillare più degli altri, e probabilmente non è casuale che si stagli
proprio a fianco del profilo femmineo. La grafica scarna e contemporanea del
titolo richiama l’origine della raccolta: l’asettico mondo del web, qui
divenuto un germe inaspettato di bellezza e comunione.
Il blu si staglia sullo sfondo: ecco la notte, il
luogo privilegiato dove i simboli e i pensieri del poeta si sprigionano. La
donna, la Musa, la Poesia, la Luna: tutto riunito in una presenza che si
moltiplica nelle sue manifestazioni proiettate dall’inquieta, romantica,
passionale e malinconica parola di Sirius.
Le liriche possono essere lette separatamente ma, a
mio avviso, sono tappe di quella strada a cui il poeta ci invita. Tutto inizia
con la Luna, una pallida compagna spesso “specchio di un’anima smarrita”:
presenza che ricorre… e un primo sguardo in alto porta un viaggio che arriverà
ad un “ritorno”. Per ritrovarsi ci si perde nello struggimento, nella passione,
in una carnalità violenta che poi si accascia su inviti docili come un
“sorridimi”; ricordi familiari e secche brevissime poesie che richiamano
aforismi, haiku. È chiaro che seguire l’ordine delle poesie dà il ritmo al
viaggio: stanchezza, euforia, dolore, rabbia, disagio e innalzamento panoramico
e stordente.
Ph Francesca Lucidi
LE POESIE: UNO SGUARDO PIÙ DA VICINO CON
CONSIDERAZIONI
“allora
tu,
Luna,
nasci
in me,
solitario
specchio
della
mia anima smarrita,
ebbra
di ricordi andati
e
di tenerezze regalate,
nell’infinita
ricerca del noi.”
Questi alcuni versi del componimento di apertura. Subito
la Luna, l’introduzione del cielo e dei suoi abitanti come specchio del poeta
che inizia l’infinita “ricerca”.
Da LUNA, dopo poche pagine si passa ad un confronto
potente tra sensualità e smarrimento: BELLA SEI TU e BUIO, mostrano due visioni
messe vicine, esaltate nella loro diversità.
La donna, che è anche la poesia, perde corporeità per
essere luce:
“Neri
gli occhi tuoi,
due
lucciole che danzano ritmando nella notte.
Scie
luminose che tracciano la vita”.
Poi il turbine sensuale di fianchi sinuosi e desiderio
adagiato su seni spesso evocati dal poeta, con concupiscenza e con la dolcezza
di un abbraccio rassicurante, quasi materno. A “seni” viene associato “abbraccio”,
due parole poste a fine verso.
Dalla bellezza si passa, nella successiva pagina, al
BUIO:
“Volevo
capire.
Ritrovarmi.
Rinascere.
Mi
sono perso in un groviglio
di
passioni.
Ho
paura
del
buio.”
Qui possiamo vedere un modo ripetuto all’interno del
volume: alcune poesie sono lunghe, discorsive o dolci, dotate di ampio respiro
e ricche di onnivora fame di immagini e sensi. Poi, arrivano le liriche
strette, le frasi spezzate, i passi che arrancano in quel viaggio di ricerca.
Si cede, a volte, persino a forme che evocano l’aforisma. L’uso dell’enjambement
può ampliare un respiro già lungo e profondo o dare appena una boccata di
ossigeno spasmodica a un ritmo chiuso.
Le poesie sono il poeta e il poeta si fonde nella sua
poesia parlando solo con i suoi prodotti creativi. Non ci dice nulla della sua
vita e del suo nome, ma ci fa entrare nel suo cielo e nella sua ricerca: siamo
gli invitati increduli alla più antica forma di catarsi delle passioni, delle
paure e dei significati dell’uomo.
A volte si cade in espressioni un po' ingenue di
quella verve da adolescente maledetto che usa i termini “stupra” e “fotte”, ai
modi delle migliori musiche alternative contemporanea. Fossimo stati nei primi
anni Novanta forse questo tipo di versi avrebbero suscitato in me più effetto.
Evidentemente, anche Sirius, a un certo punto si interroga
sul quotidiano e sullo stesso mezzo che ha reso possibile la diffusione dei
suoi lavori:
“Non
voglio più giocare.
Oblio
di sensi.
Vite
parallele.
Inganni
e illusioni.”
Ogni tanto una figura dal passato, una madre, una
nonna; si avverte un fanciullo che si manca e un ragazzo che gioca con le parole
creando qualche componimento ancora acerbo, ancora da limare secondo la luce e
non solo dal potere dei lombi creativi.
Egli stesso si dice: “Non è un bel penare/tornare a
quel che è stato./Tutto finisce. Nulla ritorna.”
Ad attimi, Sirius pare conversare con la Provvisorietà,
accettandola. I momenti alti avvengono quando il talento di questo Anonimo
tormentato mostrano una caustica filosofia tra il fatalista, il decadente, l’esistenzialista:
Resta però sempre un odore di leggera Speranza. Io l’ho avvertito e voi dovreste scovare ciò che vi ho accennato, procedendo autonomi nella lettura, nella scoperta di Sirius e nell’affiancamento a quella che egli stesso deve portare a termine.
Ho scovato persino la dolcezza della fiaba, in STELLA
CADENTE.
La pubblicazione è stata una bella scoperta, consiglio
solo di riguardare, la prossima volta, l’organizzazione editoriale: vi sono un po'
di informazioni eccessivamente ripetute tra introduzione, notizie sull’autore e
quarta di copertina.
Ringrazio Sirius per avermi dato la possibilità di
leggere i suoi lavori. Ti auguro il meglio e devo dire che ho riletto più volte
diversi tuoi versi… davvero belli, davvero talentuosi in una naturalezza che fa
trasparire umile e sentita scelta di esprimersi solo per il cielo, la “musa”, e
per l’autoscoperta che spero riesca a tener degnamente la mano alla tua irrequieta
solitudine.
A voi resta dirigervi verso il RITORNO… ma dovrete far
da voi.
Grazie!