di
ARTHUR SCHNITZLER
- Anno di Pubblicazione 2018 (1°1924)
- Editrice Feltrinelli
- Lunghezza stampa 96 pagine
- Prezzo stampa 7,60€
- Prezzo Ebook 1,99€
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Ph Francesca Lucidi
"Nei singoli uomini non si è verificata la benché
minima trasformazione, non è accaduto altro se non che diverse inibizioni sono
state spazzate via e che ogni specie di mascalzonate e furfanterie possono
essere commesse oggi con un rischio relativamente minore, in ogni senso sia
morale che materiale, di quanto non accadeva in passato. Inoltre, si parla un
po' più di cibo e di denaro." (Arthur Schnitzler, 1924).
L’AUTORE
Arthur Schnitzler nasce a Vienna il 15 maggio del 1862, in
una famiglia ebrea. La madre, Louise Markbreiter è un’ottima pianista e infonde
il sentimento musicale nel figlio; il padre Johann è un laringoiatra che
introduce il figlio alla carriera in ambito medico. I due poli influenzano e
permeano la vita di casa Schnitzler, dato che Johann è il medico di diversi
celebri cantanti.
Arthur mostra precocemente l’attitudine all’osservazione,
alla percezione dell’interiorità in relazione alle esperienze esteriori, e alla
società. A soli diciassette anni tieni un diario sulle sue esperienze sessuali;
critica poi attraverso le sue opere anche la vita militare, venendo radiato
dall’esercito dove ricopriva il ruolo di tenente medico. Con la morte del padre
riesce ad abbandonare l’impiego in ospedale: molteplici sono le suggestioni che
affascinano e affaccendano Schnitzler, tra cui la psicanalisi e l’ipnosi. Lo
stesso Freud è ammaliato dalla figura dell’autore.
Il 26 luglio del 1928 sua figlia si suicida a Venezia, dove
abitava con il coniuge italiano. Tre anni dopo, Arthur Schnitzler muore a causa
delle conseguenze di un ictus il 21 ottobre del 1931.
DIECI, CENTO, MILLE CARTINE DI “VERONAL”
QUESTA VOLTA… TUTTO D’UN FIATO
Temi, valori, riflessioni
“Una carezza
distratta quando si è tanto belline, un po' di apprensione quando si ha la
febbre, poi ti mandano a scuola, a casa t’insegnano il francese e a suonare il
piano, d’estate ci si trasferisce tutti in campagna, ti fanno regali per il compleanno
e a tavola impari ad ascoltare tanti bei discorsi. Ma di ciò che si agita in
me, dell’ansia che mi divora, vi siete mai preoccupati?”
Else ha diciannove anni, fa parte di una famiglia austrica
borghese, ha un fratello maggiore che andrà in Olanda a vivere la sua vita, il
padre è avvocato, e sua madre passa le giornate ad organizzare cene ed eventi che
non possono permettersi. Cara madre… lì a dare anticipi per poi non pagare mai;
caro papà, a giocare in borsa e a giocare con la vita di tutta la famiglia. Trentamila
fiorini il costo per la salvezza, caro papà. L’unico che può fare un prestito,
l’ennesimo, è il Signor Dorsday, un amico di famiglia vecchiotto, che scruta
Else attraverso un monocolo che riluce dello scopativismo di una società in cui
le donne non scelgono… ma la Else nello specchio conosce la scelta. Cara mamma,
non manchi di ricordare ad Else come Von Dorsday abbia una predilezione per la “cara
bambina”: un telegramma arrivato al Grand Hotel di San Martino di Castrozza, dove
tutti sono in vacanza, felici, morti. Lì Else si trova davanti alla
responsabilità di salvarti, papà: nuda a mezzanotte, nel bosco o in camera, purché
il monocolo abbia la merce per il prezzo pattuito.
Else:
“Caro papà, quante preoccupazioni mi dai. Avrà mai tradito
la mamma? Come no! E più di una volta. È così sciocca la mamma. Non sa nulla di
me. Come gli altri, d’altronde.”
Una diafana e giovane snob, dalle belle spalle, dalle gambe
sensuali: una vergine, una "prostituta" che mai però è stata violata attraverso quel
sigillo di purezza che la natura dona alle donne, come dannato potere di scelta,
forse poche volte davvero libera. Un lungo monologo interiore; un flusso di
coscienza dove si intervallano solo le parole degli altri, che risuonano come
lontane o tremendamente vicine e invadenti. Dove la psicanalisi e James Joyce
hanno aperto un varco, l’autore accompagna in una danza macabra accarezzata
dalle note di Schumann. Il paesaggio della montagna fa da scenario, mutevole:
da confortante fatata visione a espressionismo incalzante che deforma i profili
dell’orizzonte, le ombre degli alberi, la sensazione dell’erba contro la pelle…
nuda.
Else è così giovane, e parla di sé stessa come di un
millenario essere vivente, che mille vite ha vissuto, nella sua fantasia. Ha
pulsioni Else, e ribrezzo per la vecchiaia, e fascinazione per i “tipi poco raccomandabili”.
Una sera un battello la vide nuda su un balcone, mentre si accarezzava i fianchi.
Else si sente viva, quando sta sola con la vera sé. Un Es e un Io che si
mettono faccia a faccia, davanti a uno specchio: nella scena magistrale in cui Else
si prepara per il “compratore”. Trentamila fiorini, poi cinquantamila… e poi il
Veronal. E Paul? Caro cugino che accarezzi Else con parole suadenti, tra un incontro
e l’altro con la tua amante sposata con figlia al seguito. La zia ricca ha
pagato la vacanza, ma non sa che i soldi per la famiglia di Else non bastano
mai.
Else si vede moglie, amante, prostituta, bambina. “Un
cortese sorriso prima di ritirarsi in buon ordine”: ma questa volta Else ha in
serbo uno spettacolo in grande stile… perché no? Se lui deve vederla nuda,
vederla prostituta, perché non invitare tutto l’hotel, il mondo intero, il caro
papà.
Una Salomè, una Elettra, una donna che attraverso il suo sesso
si punisce per punire. Il borghese ben pensante taglia la testa alla santità
dell’essere, alla natura pura di ogni personalità. Il controllato e il controllore
perdono il controllo, la via di mezzo che non riesce a contare quante dosi di Veronal
possano passare da sonno a morte. La colpa è di tutti, e i Doppelgänger
si moltiplicano tra pellicce, poltrone, piatti succulenti.
Else è una, e poi doppia. L’unico amore carnale che vivrà
sarà quello con sé stessa: schiacciare il suo seno contro quello del suo riflesso,
su un gelido vetro che lascia l’amplesso incompiuto. Nel momento in cui una
personalità si affaccia al mondo, quest’ultimo non dona in premio la vita identitaria,
unica, ma una crisi isterica, un delirio che porterà Else a sacrificarsi contro
un progresso che ha ben apparecchiato un corteo funebre di tutto rispetto, per
i valori, quelli che non si dividono tra bene e male ma tra vero e fasullo. “Salvatemi.”
Medico, scrittore, drammaturgo: Schnitzler è un osservatore
disinibito, un cantore della società senza alcun filtro, ma con una composta
compassione che scaturisce semplicemente dalla messa a nudo schietta e cruda dei
pensieri e delle emozioni che si agitano nella psiche, con pari dignità. E in
questa assenza di meschinità riesce a narrare gli ambienti interiori con incredibile
onestà, senza tralasciare alcun romantico o distruttivo tratto. Nella fotografia
di ambienti esteriori rilucenti, provocanti… soffocanti, si può entrare nella
pelle dei figuranti del mondo borghese, per riscoprire un’umanità a cui Schnitzler
non permette più di dire bugie, di essere morti in vita. Onore e gloria al disfacimento,
pur di dare alle fiamme quella immagine statica e dorata di un mondo che si
distrugge dal di dentro trasformando desideri e innate pulsioni in frenesie, manie,
patologici isterici tentativi di essere ciò che la società, e le convenzioni,
decidono prima che mai possa avere assoli la voce interiore di ognuno.
AL CINEMA
Dalla novella è stata tratta una versione cinematografica, in muto, nel 1929. Il regista è Paul Cnizzer. Il bianco e nero e l’assenza di parlato dirompono attraverso la figura dell’interprete, Elisabeth Bergner: poche ore in cui essere catapultati in una vita, intera, e poi spezzata… moltiplicata ed estinta. I campi lunghi e i gesti, gli sguardi degli attori di sfondo fanno sentire lo spettatore partecipe di un voyeurismo che inebria, sciocca, imprigiona.
Anche senza l’ausilio del voice off, il monologo interiore
della novella riesce a mutarsi e ad esserci, a farsi palesemente esperienza, solo
grazie a un cambiamento nello sguardo, a un incedere diverso, a uno stringere
delle dita che porta in sé il racconto di ragionamenti e poi crisi che non
lasciano scampo.
Dal lavoro di Arthur Schnitzler, precisamente dalla novella Doppio
Sogno, è stato tratto anche il noto Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.
IN MUSICA
Nel pieno rispetto delle evocazioni della novella, dove la
musica è contrappunto dei contrasti interiori, il gruppo italiano Marlene Kuntz
ha sonorizzato il film Fräulein Else, suonando dal vivo le note che abbracciano
tutta la proiezione. Ho assistito ad uno di questi spettacoli… e non posso che
tacere tanta la meraviglia e la violazione di tabù che in me ha provocato: stupendo!