di
Luis
Sepúlveda
Ph. Francesca Lucidi
- Anno di Pubblicazione 2019 (Or. 2013)
- Editrice GUANDA
- Prezzo di copertina €12,00
- Copertina rigida
DALLA QUARTA DI COPERTINA
“Le lumache che vivono nel prato chiamato Paese del Dente di Leone, sotto la frondosa pianta del calicanto, sono abituate a condurre una vita lenta e silenziosa, a nascondersi dallo sguardo avido degli altri animali […]
Una di loro, però, trova ingiusto non avere un nome, e soprattutto è curiosa di scoprire le ragioni della lentezza.”
Una di loro, però, trova ingiusto non avere un nome, e soprattutto è curiosa di scoprire le ragioni della lentezza.”
L’AUTORE
Per leggere la biografia dell’autore clicca QUI e verrai di ricondotto a un precedente contenuto del blog.
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CHE COSA SUCCEDE
Un gruppo di Lumache vive un’esistenza nascosta, votata al nutrirsi e al non chiedere più dell’ombra del calicanto. Sono fuori dalla vita degli altri, non guardano oltre e vivono una rigida esistenza fatta di riti minimi e conversazioni limitate. I limiti sono visti come un dovere: da brava lumaca si sta nel proprio guscio o si striscia verso la foglia più vicina, nei comuni pochi intenti si è tutti uguali e si scompare in un indistinto esistere sempre uguale a sé stesso. Ciò che succede fuori dal calicanto non è affare delle lumache, il mondo e i suoi abitanti sono solo fastidi e questioni da ignorare. Tutti devono mantenere un contegno austero e un’attitudine all’ignoranza, verso esseri viventi e luoghi. La paura aleggia ma non è nominata, ci si illude che la chiusura sia la soluzione e la prevenzione verso ogni potenziale pericolo. Se fuori qualcosa si muove basta scomparire.
La paura è un sentimento rifiutato; la vulnerabilità tesse le non decisioni delle lumache, ma esse non ne parlano. La rassegnazione è così atavica da essere stata incarnata ma forzatamente dimenticata.
Le lumache si illudono di non aver bisogno d’altro che non sia il loro nascondiglio e il soddisfacimento della fame. Una di esse, però, sta scomoda nell’abito della negazione: essa, come le altre, non ha un nome ma non si rassegna a questo rifiuto dell’identità. La lumaca che fa domande si chiede anche il perché della lentezza a cui è destinata insieme a tutte le altre della sua specie. Le compagne rifiutano la lumaca che fa domande, ne sono infastidite e cercano di allontanare il suo modo di vivere consapevole. Un gufo forse conosce la verità, ma esso non vola anche se saprebbe farlo. La vita, con i suoi ricordi, pesa e grava su chi non rifiuta ma osserva e immagazzina.
L’unica soluzione per la lumaca che fa domande è andare via dal calicanto; l’eventualità è l’unica speranza per le altre di vivere più tranquille, in un’illusoria bolla che credono indistruttibile.
Un gruppo di Lumache vive un’esistenza nascosta, votata al nutrirsi e al non chiedere più dell’ombra del calicanto. Sono fuori dalla vita degli altri, non guardano oltre e vivono una rigida esistenza fatta di riti minimi e conversazioni limitate. I limiti sono visti come un dovere: da brava lumaca si sta nel proprio guscio o si striscia verso la foglia più vicina, nei comuni pochi intenti si è tutti uguali e si scompare in un indistinto esistere sempre uguale a sé stesso. Ciò che succede fuori dal calicanto non è affare delle lumache, il mondo e i suoi abitanti sono solo fastidi e questioni da ignorare. Tutti devono mantenere un contegno austero e un’attitudine all’ignoranza, verso esseri viventi e luoghi. La paura aleggia ma non è nominata, ci si illude che la chiusura sia la soluzione e la prevenzione verso ogni potenziale pericolo. Se fuori qualcosa si muove basta scomparire.
La paura è un sentimento rifiutato; la vulnerabilità tesse le non decisioni delle lumache, ma esse non ne parlano. La rassegnazione è così atavica da essere stata incarnata ma forzatamente dimenticata.
Le lumache si illudono di non aver bisogno d’altro che non sia il loro nascondiglio e il soddisfacimento della fame. Una di esse, però, sta scomoda nell’abito della negazione: essa, come le altre, non ha un nome ma non si rassegna a questo rifiuto dell’identità. La lumaca che fa domande si chiede anche il perché della lentezza a cui è destinata insieme a tutte le altre della sua specie. Le compagne rifiutano la lumaca che fa domande, ne sono infastidite e cercano di allontanare il suo modo di vivere consapevole. Un gufo forse conosce la verità, ma esso non vola anche se saprebbe farlo. La vita, con i suoi ricordi, pesa e grava su chi non rifiuta ma osserva e immagazzina.
L’unica soluzione per la lumaca che fa domande è andare via dal calicanto; l’eventualità è l’unica speranza per le altre di vivere più tranquille, in un’illusoria bolla che credono indistruttibile.
Ph. Francesca Lucidi
Ad accogliere la lumaca fuggitiva sarà un’altra creatura che porta con sé la propria casa: una tartaruga. Grazie all’incontro la lumaca che non aveva un nome saprà chi è, e conoscerà la sua identità in un appellativo incarnante una missione. Gli uomini hanno insegnato alla tartaruga i nomi e il valore della memoria, perché gli esseri umani battezzano e prendono proprietà sulle cose del mondo… ma essi dimenticano, corrono nel tempo e schiacciano chi invece è figlio e abitante della natura e dei suoi ritmi. Però la tartaruga porta in sé molte cose imparate dagli umani: essi dicono che la paura esiste ed è cosa nota, chi la sa vincere merita il nome di “Ribelle”.
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