UNA RACCOLTA POETICA
di SIMONE CHIANI
Ph Francesca Lucidi
INFORMAZIONI SULL’AUTORE
Simone Chiani nasce a Viterbo nel 1997, si forma in
campo umanistico con una laurea in Lettere moderne e applica vocazione,
erudizione e passione nel suo lavoro come giornalista e scrittore. Nel 2018
pubblica la raccolta poetica Evasione, Prosimetro.
INTRODUZIONE: ATTRAVERSO LA MISSIONE DEL
POETA
Edito da Ensemble, nel 2020.
“IL
MONDO CHE HAI INTORNO NON VALE QUELLO CHE HAI DENTRO”
Dal sottotitolo dell’opera partiamo con un interrogativo
sulla nostra visione esterna, immediatamente identificata come limitata,
oscurante il mondo interiore. Ciò non deve far pensare a un rifiuto del reale; il
poeta propone una riappropriazione del tutto, come? Attraverso una nuova
concezione dell’elemento che maggiormente regola, ingabbia, il sentire e il
vivere: il tempo. Chiani non rifiuta la relazione con il mondo, e specialmente
con l’altro; è esattamente il contrario. Ciò che viene posto in discussione è
il meccanismo delle nostre fisiologiche rappresentazioni del reale, così
intrappolante nella corsa del tempo che fugge; che contiamo, che subiamo nel
senso perenne del cammino come proiettato verso una fine, non verso un futuro
che si costruisce in attimi.
La poesia è vista come il mezzo per avvicinarsi al
cosmo, specialmente quello interiore. Il “sentimento poetico” viene chiamato in
aiuto, per riunire un’umanità definita “dispersa” perché lontana dalla
consapevolezza del sé: priva di un sano dialogo interno, anche se tumultuoso ma
autentico. Convivere con il prossimo, comprenderlo, fare comunità… azioni dipendenti
dall’insegnamento del sé con il sé. Partire da cerchi più piccoli, riappropriarsi
da ciò che a noi pare minuzia: l’attimo.
Il tempo può non essere subito se ogni attimo dell’esistenza
viene visto, riconosciuto e incarnato con potenza. Si può creare un tempo “personale”;
perché la vita, come il reale, è mutevole e sfuggente. Il rapporto
causa-effetto ci invischia in ricerche che si perdono perché tutto ciò che
possiamo vedere al di fuori di noi è sempre diverso. L’unitarietà anelata nel
livellamento delle contraddizioni è impossibile da trovare, anche solo scorgere.
Anzi, le contraddizioni sono ciò che l’artista restituisce all’umanità; non per
lanciar dubbio, ma per fa sì che quel dubbio diventi naturale, finanche
bellezza.
L’Impronta è il simbolo di questi concetti: esse mutano,
sono dipendenti dall’azione momentanea che la genera. Il calco, il passo e ciò
che è calzato determina una sequela di attimi, vissuti, stasi e movimenti che
sono irripetibili; ma coerenti in quella sfuggevolezza che vuole che ogni passo
quasi annulli il precedente; non per cancellarlo ma per rinnovare, sempre.
Poesie, impronte e momenti di vita sono un tutt’uno
per spingersi verso l’incarnazione delle proprie, uniche, verità. Il sottotitolo
non sminuisce il reale ma ci fa ripartire dal nostro interno; rendendoci liberi
da un punto di vista che risente delle cose che sfuggono, cambiano e muoiono al
di fuori di noi.
LA STRUTTURA
IMPRONTE riprende la precedente opera, EVASIONE.
Questo per riprendere la mutevolezza, per togliere i punti fermi e riaprire il
flusso, lo scorrere. La presente racconta è divisa in tre sezioni: “Passo
Sbadato” che in una non omogeneità, nella semplicità di una forma che riprende
la scrittura automatica, vuole mimare un certo tipo di impressione sul suolo
del vivere, e dell’esperienza di lettura; “Passo Spedito” dove le linee si
fanno più definite e la razionalità è uno degli appoggi; “Passo Calcolato” in
cui il calcolo domina ogni aspetto. In questo ultimo caso l’autore ci parla di
un lavoro “dispendioso”.
I tre modi sono tre approcci, sono tre forme della poesia
e altrettante incarnazioni del reale e dell’esperienza di lettura, per chi
vorrà affrontare la sfida di una pacificazione con il tempo e la bolla più
grande dove viviamo in tante bolle più piccole.
Chiani riprende le forme canoniche della poesia della
grande tradizione: il sonetto, l’ottava… poi troviamo strutture più libere abitate
da versi, però, sempre canonici.
ANALISI E CONSIDERAZIONI: CALCANDO LE IMPRONTE
Il primo “Passo” ci accoglie nella fuggevolezza e nell’intangibilità;
ciò non è bloccante ma genera il muoversi dell’esistenza. Questa parte inziale si avvia con brevità che inneggiano alla follia,
all’intuizione di un momento fatto della visione di un filo d’erba. L’amore, la
donna e lo stare insieme che dilata il tempo, e per un frangente pare vincerlo.
Nel sentimento con la femminea insegnante, colei che ferma e dilata, ecco che
il poeta si sente esistere; perché in quegli attimi vissuti intensamente… è
proprio lì che l’esistenza abita. Così l’uomo si attacca alla sua donna, ma in
questo primo passo si “sfoga” e rinasce in poesie a lampi, a fiammate. Il poeta
si fa fenice, grazie al suo vestire il vuoto per scrollarselo con il bruciare
del vivere completo. Il vuoto completa; cosa non paradossale per le filosofie che
riuniscono gli opposti.
Lo sfogo del poeta, però, non deve essere un abbandono
alla tempesta: questo concetto ci accoglie nella seconda parte, la quale il
Chiani ci aveva spiegato come più razionale. La prima lirica “Idilliaco Momento”
pare un respiro più profondo, dopo gli stralci brevi e le sferzate caustiche o sentimentali
della parte iniziale della raccolta. Un incontro con la donna amata, la natura,
un tutt’uno che segna un’unione dove le brutture sono solo lontane; poi arriva
il pensiero cosciente tra l’estasi, giunge il distacco e tutto è ricordo.
“C’È BISOGNO DI ORIZZONTI” è, a mio avviso, uno dei
momenti più alti della raccolta. Proprio perché mantiene le promesse
introduttive, dove l’erudizione vuota deve lasciar spazio ad altro, nonostante
una sapienza nel maneggiare i materiali della tradizione e le conoscenze sulla
poesia. In realtà, in alcuni momenti, ho avvertito la pesantezza della conoscenza,
della formazione tecnica del poeta; mi sono sentita distaccata dal sentimento
che nella terza parte pare abbandonarmi, ma qui ci troviamo ancora nel “Passo
Spedito”; godiamoci questi versi, insieme:
“C’è
bisogno di orizzonti
per
sapere dove andiamo,
remoti
e inviolati
devon
sempre rinnovarsi:
se
conosco il traguardo
non
ha senso la strada;
acquisiamo
un senso
quando
ci lasciamo al caso.”
Qui ho avvertito davvero il mantenimento e l’esplosione
della missione del poeta; che poi sa anche affilare il suo coltello e mostrare
le aberrazioni di una comunità di pecore sopite. Ma chi veglia e vede? “l’uomo
d’adattamento”.
Ciò a cui siamo abituati, il far come la rondine che
non si gode la primavera perché pensa all’inverno, non è l’adattamento che per
noi può essere sopravvivenza:
“Smettiamo di vivere quando
in un istante non ben definito
iniziamo a pensare al dopo
lasciando alla morte tutto ciò che rimane
e precludendo l’istinto al futuro.”
Questi, tra i versi che più mi hanno fatto sentire l’impatto
dell’invito a vivere a pieno. Ma il poeta non si calma, a volte vaga. Il coinvolgimento
sentimentale può inciampare su termini aulici, desueti; il cammino ci introduce
alla terza parte dove le fulminee comparse di un “sentimento nero”, le fiamme
che sanno incendiare una città spenta; Il “come” che rivendica il suo trono usurpato
dal “quando”, ci abbandonano e sento la formazione umanistica del Chiani
prendere il sopravvento.
Il “Passo Calcolato” mi ha trovata persa in sonetti
ben calibrati, ma forse, a mio parere, appena un po' troppo lontani dal poter
coinvolgere quella società dispersa la cui capacità di attenzione non resiste
neanche con la benedizione di Dante o “Giacomo”. Tra queste pagine, però, un
titolo: “QUANTISTICAMENTE IMPERFETTO”; tra i versi ritrovo il senso e…
“Tutto
ciò che occorre sapere
non
è dato saperlo
piuttosto
il conosciuto
non
occorre di certo.
È
così deciso: da sempre
in
qualsivoglia caso
avremo
l’inutile
e
mancherà il necessario;”
[…]
Le stesse parole del Chiani possono dar voce a impressioni
che ho avvertito nella terza parte, e hanno trovato ristoro in liriche come
quella da cui vi ho estratto questi versi giusti. E non parlo di conteggi ma di
coerenza tra intenti, spinte e reazioni sperate e su questo tono raggiungibili.
Al temine di IMPRONTE, il camminare porta sotto la
luna; lì dove mi sento a mio agio, e dove anche il poeta pare trovare una muta
risposta che riconcilia.
“giova
più
folta
lode d’immeritati inganni
o
a te
modesto
elogio di tersa realtà?”
Credo che il poeta si stia interrogando anche su di sé,
sulla poesia e non solo su quell’esteriorità per la quale conoscenza e
ridimensionamento ci accompagnano. Cosa risponderà la luna? Sta a voi
scoprirlo, scegliendo di leggere IMPRONTE; alimentando ancora il popolo di chi
vuole la poesia e rivendica l’alto sconvolgimento dell’animo in visioni intime,
che però possono essere di tutti.
Ringrazio Simone Chiani per avermi gentilmente donato
la sua opera.
Se volete acquistare il volume basta cliccare QUI: grazie alla mia affiliazione con Amazon si aprirà la pagina dedicata al prodotto nello shop. Se acquisterete tramite il mio link potrete permettere al Penny Blood Blog di ottenere delle monete virtuali, fornite da Amazon, da investire in altri volumi sui quali discorrere insieme!