PER CARAVAGGIO EDITORE
Ph Francesca Lucidi
INTRODUZIONE
Ancor prima del Trillo Primo, quello che succedette al
borbottio del ramino: sì, perché deve esser chiaro che fu quest’ultimo a
cominciare, Il Grillo prese fiato durante un viaggio di Dickens in Italia. Al
suo ritorno, lo scrittore confidò all’amico e biografo Forster di voler fondare
un periodico: un solo foglio settimanale che contenesse racconti, osservazioni
su libri e teatri. Prestando ascolto, le parole di Dickens affermarono: “Dominerà
sempre l’ardente, cordiale, generosa, allegra e splendida allusione al domestico
focolare e alla famiglia. Lo intitolerei IL GRILLO! Allegra creatura che garrisce
sul focolare”.
Alla fine il periodico non venne alla luce e il grillo
saltò nell’abitazione dei coniugi Peerybingle: nacque The Cricket on the Hearth,
novella facente parte del gruppo dei Racconti di Natale che uscirono negli anni
quaranta del XIX secolo (Un Canto di Natale nel 1843, Le Campane nel 1844, il Grillo
del Focolare nel 1845, La Battaglia della vita nel 1846; Lo Stregato o Il Patto
col fantasma nel 1848). In seguito, le novelle vennero pubblicate in un unico
volume. In Italia, la prima traduzione dell’autore venne dedicata proprio ai
Racconti di Natale.
La Caravaggio si ripropone di presentare autenticamente
lo stile originario dell’autore, il quale ha subito nel tempo numerose epurazioni
e normalizzazioni che ne hanno appiattito il guizzo linguistico e stilistico.
La bellezza di questo volume non sta tanto nella trama,
assai semplice come una “favola domestica”, e infatti così è definito nel
sottotitolo, ma soprattutto per la scrittura non scorrevole, saltellante e vivace
come il verde ospite, che nasconde in sé una magia potente.
Ora mettiamoci ad attendere, perché un’attesa apre le
porte di un casolare umile: si alza il sipario su una commedia sentimentale,
tragicomica, viva nei gesti… dal più minuto al più eclatante.
CENNI SULLA TRAMA
Non pensate sia un racconto che si snoda tra le strade
addobbate per il Natale, ci troviamo alla fine del primo mese dell’anno. Tutto
è gelo, nebbia. Due piccoli zoccoli arrancano nella fanghiglia per riempire
solertemente il secchio dell’acqua. Una piccola donna attende. La questione
spinosa è quella rivolta al primato di chi cominciò. Il narratore si avverte
come una vera e propria voce esterna a un palcoscenico che ha pochi scenari,
definiti, caratterizzati e assolutamente sufficienti all’economia della storia.
È stato il ramino a cominciare, ossia il calderone che
in passato bolliva perpetuamente nei focolari: per attendere nascite, per dar vita
a una tazza di tea fumante, per accogliere qualche patata. In una piccola casa
il ramino non collabora e una donna paffuta e graziosa si spazientisce; l’orologio
olandese si unisce al coro… ma qui è il Grillo a segnare il tempo, e a dirigere,
a fare da cassa di risonanza ai cuori duri e a quelli teneri e sinceri.
Questa è una storia domestica, di una moglie che
aspetta un marito che di mestiere fa il corriere: un carro contiene aspettative
e tante storie; le persone conoscono benissimo il buono e semplice John
Peerybingle, e anche il cane Boxer, sempre pronto a salutare, annunciare e
indagare… e soprattutto a capir tutto prima degli altri.
È una sera particolare, oltre ad esser particolarmente
fredda fino a far letteralmente gelare il viso di John, il carico porta tre novità,
attese, e anche meno attese perché non auspicabili o ritenute difficilmente esperibili.
Il carico porta un pacchetto prezioso, tanto atteso da un altro personaggio,
abile a farci sciogliere il muscolo cardiaco alla vista del suo dolce e triste
guardare la figlia cieca. Stiamo parlando di Caleb Plummer, padre di Bertha;
cosa è disposto a fare un padre per la felicità di una sfortunata figlia?
Il Grillo una volta parlò a Caleb:
“Ma
anch’egli aveva un Grillo nel suo Focolare, e ascoltando tristemente la sua
musica quando la Bimba Cieca senza madre era molto piccola, quello Spirito gli
aveva dato coraggio con il pensiero che persino la grande privazione di lei
potesse essere tramutata quasi in una benedizione […]”
Caleb fa l’impossibile, soprattutto perché oltre a essere
un costruttore di giocattoli è un creatore di realtà, di persone e bontà e
bellezze che non esistono. Incredibile come l’amore sia generatore in tutte le
sue manifestazioni. Leggendo la novella, potrete commuovervi scoprendo ciò che
non c’è ma che qualcuno sente e vive dalla nascita.
I Grilli sono un po' in tutte le case, anche se qualcuno
non li ascolta ma vi si accanisce, li schiaccia. Questo ci riporta a un’altra
delle sorprese portate da John: una enorme scatola contenente una torta
nuziale. Lieto evento? Niente di più sbagliato dato che non si riesce neanche a
pronunciare il nome dello “sposo”, e Mary Peerybingle si sente quasi mancare. Il
Capo, il Padrone di Caleb, il giocattolaio Tackelton, è colui che sta per
sposare una donna, anzi una giovane e bella fanciulla di nome May Fielding,
vecchia compagna di scuola di Mary.
l’idea di qualunque essere umano nelle mani Tackelton
può certo far rabbrividire, se si pensa che quell’uomo sa solo creare
giocattoli mostruosi per il puro piacere di torturare il prossimo. Un vero topos
dickensiano: avaro, brutto, comico nelle sue convinzioni e massime che
circondano un animo arido perché avvinto dalla solitudine e dall’incapacità di
comunicare con gli altri, con sé stesso. Sospetto e macchinazioni… le armi di
chi non conosce amore nel proprio cuore.
“Tackelton
il giocattolaio, quasi generalmente noto come Gruff e Tackelton — perché quella
era la ditta, sebbene Gruff fosse stato rilevato da molto tempo, lasciando
nella società solo il nome, e, come dice qualcuno, la natura, secondo il suo significato
nel Dizionario[1]”.
Le descrizioni sul Giocattolaio non lasciano dubbi
sulla natura del suo animo:
“Non
assomigliava molto a uno sposo, mentre stava in piedi nella cucina del Corriere,
con una smorfia sulla faccia asciutta e una torsione del capo, e il cappello
tirato sulla gobba del naso, e le mani ficcate in giù in fondo alle tasche, e
tutto il suo essere sarcastico e malintenzionato facente capolino da un angoletto
di un piccolo occhio, come fosse l’essenza concentrata di uno stormo di corvi.”
Proprio quell’occhio si posa sospettoso su l’ultimo
carico misterioso della serata: un viandante sordo, silenzioso, con capelli
bianchi e un viso sfuggente. L’uomo par gentile e chiede ricovero per la notte.
I corvi sorvolano sul viandante e su Mary, che pare a disagio, molto a disagio.
Qualcosa accadrà, ma non prima che Tackelton si
autoinviti alla consueta merenda che i Peerybingle organizzano periodicamente nell’umile
casa di Caleb, che per la giovane e candida cieca è una reggia. Mistificazioni,
bugie e sospetti. Chi male vive proietta un’ombra su tutto ciò che vede. Qui si
parla di cattivi consiglieri, di cose giuste da fare nonostante i rischi…
Purtroppo, i malintesi la faranno da padroni, tra esilaranti
quadretti e scenette che hanno per protagonisti le sprezzanti offensive massime
e recriminazioni del Giocattolaio, i poetici slanci di Bertha; da non
dimenticare la sbadata bambinaia Tilly Slowboy, che con tanto amore si prende
cura del pupo dei Perrybingle, anche se ogni spigolo pare pronto ad accogliere
il capo del lattante. E non perdetevi i discorsi della querula voce della madre
di May: alla fine tutti i personaggi si troveranno a quella merenda, l’inizio
dell’inizio e della fine, prima di arrivare alla vera conclusione e
risoluzione.
Tackelton è ossessionato dalla sua età matura,
rispetto a quella di May; dovete sapere che anche John e Mary hanno una grande
differenza d’età… ma nella casa dove Il Grillo ha trovato ricovero, il canto ha
dato un benvenuto rassicurante per una coppia che pare perfetta perché vive
nell’accettazione delle reciproche differenze, arricchendosi nella semplicità
dei ruoli ricoperti con la solerzia che i bambini adoperano quando giocano a
far i grandi.
Il Grillo, però, sta a guardare. I Grilli son spiriti
potenti, sono fate… appaiono quando devono, ma le risposte devono venire dal
cuore di chi è coinvolto in visioni che sanno mettere alla prova, non svelare,
non ancora.
Secondo voi uno stormo di corvi può fermarsi a banchettare
allegramente tra ghiandaie, colombi e pettirossi? Potrebbe…
ANALISI E CONSIDERAZIONI
L’edizione della Caravaggio, curata da Enrico De Luca,
ci restituisce uno stile da affrontare lentamente, anche se a volte corriamo
per andar dietro a periodi che paiono indovinelli. Finte reticenze, cose da non
dire che vengono assolutamente dette, dette tutte; nomignoli e descrizioni
minuziose. Un voyeurismo puro e simpatico, tra le moine di Mary e l’impacciato
modo di comunicare di John. Una maniacale attenzione per i dettagli, che porta
ogni cosa ad avere la sua importanza e la sua voce. Non è una lettura facile perché
per comprenderne la bellezza bisogna scendere a patti con un testo che si
abbellisce come una ghirlanda decorativa assai carica: bella, sì, ma carica. La
storia, però, a perdifiato tiene incollati, avvinti.
Rispetto ad altre traduzioni, troviamo alcune scelte
coraggiose: Mary, viene definita “Piccina” non “Dot”, come spesso si può leggere
in differenti edizioni. Dot sta per punto, e questo termine trova la sua ragion
d’essere nel testo. Ce lo dice John, riferendosi a Mary come a un “punto e a
capo”, guardando il loro figliolo. Io sono affezionata all’espressione inglese,
ma è una mia personale preferenza.
La scrittura di Dickens dirige prossemica, cinetica e ogni
significato come un regista preciso, all’avanguardia. Si prendono pochi
personaggi, un tema vecchio come il mondo, persone non belle e non speciali: l’insieme
è una sinfonia che si eleva forte e chiara grazie a un’orchestrazione di
sentimenti e cose piccole piccole che creano un’epica rappresentazione della
vita.
La morale? Potete
respirarla dal primo scalpiccio degli zoccoletti di Mary.
Piccina si guadagna una di quelle appassionate descrizioni
minuziose che l’autore spesso dedica alle rotonde donne che abitano i suoi racconti.
Descrizioni assolutamente lusinghiere.
Dalla novella si esce con un sospiro di sollievo, e
con la voglia di mettere su il tea e godersi in silenzio il beneficio di avere
una famiglia, o anche solo una mente capace di creare castelli da una baracca.
Alla fine del volume potete ammirare le riproduzioni di due antiche illustrazioni: sono stata stupita di vedere come ricalcassero ciò che avevo immaginato; per scorgerle dovrete decidere di leggere questa piccola edizione, che dietro ha un lavoro lungo e meticoloso.