UN ALBO ILLUSTRATO FATTO DI FILAMENTI DI PURO BUIO
INTRODUZIONE E CENNI BIOGRAFICI SULL’AUTRICE
Ana Juan nasce a Valencia nel 1961, artista poliedrica
e originale; si distingue per uno stile spettrale, onirico.
Studia all’Università Politecnica di Madrid, e si
diploma in Belle Arti nel 1982. Inizia a lavorare per la stampa spagnola,
realizzando copertine, illustrazioni e fumetti. Inizia a esporre i suoi lavori
in mostre personali e collettive non solo in tutta la Spagna ma anche a New
York e Ginevra. Viaggia tra la Francia e il Giappone.
Ana raggiunge il Giappone grazie a una borsa di studio
editoriale, e vi rimane per tre mesi.
Nel 1995 inizia a collaborare con il New Yorker, per
il quale illustrerà anche la copertina dedicata all’attentato subito dal
settimanale francese Charlie Hebdo.
L’artista collabora anche con El PaÍs e illustra
diverse copertine per i libri di Isabel Allende.
Durante la sua carriera ha esposto i suoi lavori in
diverse occasioni e ha ricevuto una grande quantità di prestigiosi premi e
riconoscimenti. Tra i tanti si ricorda il Premio Nazionale di Illustrazione
conferito dal Ministero della Cultura di Spagna. Se vogliamo citare
un’approvazione che ha il suo peso pur non essendo un premio o una medaglia…
nel 2017, Ana Juan illustra, dietro esplicita autorizzazione dell’autore, il
racconto di Stephen King L’Uomo vestito di nero.
Tra i suoi “mondi oscuri” ho scelto Snowhite, il primo
libro della Juan, uscito nel 2001 e edito in Italia solo nel 2011 grazie a
Logos Edizioni. Se volete approfondire la conoscenza di Ana Juan, in lingua
italiana… potrete farlo proprio grazie alla Logos.
TRAMA
Ecco Biancaneve, di nuovo. Credo che la fiaba dei
fratelli Grimm abbia subìto un numero imprecisato di riletture,
rimaneggiamenti. Ana Juan inizia il libro ringraziando i Fratelli, bene.
Partiamo subito con il dire che l’immaginario presentato non è bello, non è
magico e non è adatto ai bambini: infatti, il volume è sconsigliato al di sotto
dei quattordici anni di età. In realtà credo che un adulto non possa uscirne
meno turbato: qui non ci sono creature magiche, streghe o incantesimi; i
personaggi sono tremendamente reali e crudeli.
Lady Hawthorn si punge con lo spillone del suo cappello e vede cadere il sangue sulla neve, desidera una bambina che richiamasse i due elementi ed ecco che nasce Snowhite. Ovviamente la madre della bimba muore, certamente il papà si risposa. Invidia? Ah sì, è altrettanto vero e sicuro che uno specchio fomenta il demone dell’invidia dentro una donna narcisista e senza scrupoli. Ah, dimenticavo che anche il papà, ovviamente, muore. Fin qui tutto torna. Adesso vi aspetterete il seguito della storia con nani amorevoli e Principe azzurro: qui i nani sono degli sfruttatori senza cuore, il Principe è solo un uomo che di cognome fa Prince… e di certo non ci sono scarpette di cristallo. Però, la bara di cristallo è al suo posto, in piedi in mezzo alla sala di una taverna di infimo ordine. Devo anche informarvi che non leggerete di mele rosse. Il lieto fine? Se pensate che una siringa, una paralisi sospetta, e una violenza carnale mista a necrofilia “accennata” possano essere premesse a qualcosa di buono… ma penso che dovrete scoprirlo da soli.
STRUTTURA, ILLUSTRAZIONI E ANALISI (e
permettetemi qualche considerazione personale)
Snowhite è un albo illustrato, presenta un formato
orizzontale e una copertina rigida. I fogli di guardia sono illustrati a doppio
spread, e veniamo subito in contatto con la piccola protagonista, persa in un
labirinto.
Le uniche note di colore sono il titolo in copertina,
di un rosso “avvertimento”, e i fogli di guardia che ricordano il colore delle
prime fotografie… che avevano sempre un qualcosa di inquietante.
Se apriamo il volume, troviamo una netta divisione
degli spazi: nella pagina di sinistra c’è un bianco totale e freddo, interrotto
dai caratteri delle piccole parti in scrittura che a volte sono sormontate da
uno spot completamente nero: solo contorni riempiti di nero lucido che prendono
la forma di qualche personaggio o oggetto. Sulla pagina di destra
l’illustrazione disperata che danza tra i vorticosi segni di un carboncino
rabbioso che sa essere soffice come la neve o assoluto come la morte.
Questo dualismo viene a volte interrotto da aperture
di illustrazioni silenziose che catapultano il lettore direttamente nella
storia; direi in un incubo.
Ana Juan non è per tutti, indubbiamente la sua
complessità stilistica attira, avvinghia e ti porta via. Non c’è speranza di
uscita dal labirinto di Snowhite. La bellezza della protagonista non mostra i
canoni dell’equilibrio e dell’armonia: ogni scena è un vortice di scura
inquietudine. Gli occhi dei personaggi sono quasi sempre simili allo sguardo
fisso di un cadavere o all’espressione di un Urlo di Munch che si moltiplica. Modigliani
sembra fare l’occhiolino da palpebre affilate, da iridi assenti, da bulbi monocolore.
Le figure fluttuano come le oniriche figure di Marc Chagall, ma qui non ci sono
colori, non ci sono violini… la vita non si mostra multiforme ma direzionata unicamente
verso l’assenza di speranza.
Ph Francesca Lucidi
Se avessi avuto di fronte un silent book forse avrei
avuto una reazione diversa. Parole affilate, poche e fredde, unite a immagini tra
il dark e il macabro. Il dark della Juan, però, è veramente uno “scuro”, senza porte
antipanico.
La temporalità si contestualizza vagamente tramite
abiti, oggetti e accessori: tutto evoca gli Anni Venti.
Si cita la guerra, si vede una siringa.
I ringraziamenti ai Fratelli Grimm forse sono scuse
velate? È stato difficile scindere il mio impatto con l’opera dalla sua analisi
distaccata. Ana Juan è sicuramente un’artista gigantesca, pesante, penetrante:
basta vedere le innumerevoli imitazioni tentate da numerosi illustratori contemporanei.
Non capisco perché mi sento combattuta. Fossi entrata in una sua mostra sarei
rimasta estasiata, ma leggere questa storia mi ha lasciata solo un senso di
angoscia e incertezza. Illustrare è comunque narrare, e questo tratto è ciò che
distingue l’illustrazione dal mero disegno; però la struttura del libro sembra
un libro dei morti, un catalogo della miseria umana messa lì, non capisco bene
il perché: denuncia? Semplice descrizione? Credo di dover continuare il mio cammino
con Ana Juan per capire qualcosa di più…
ma forse la comprensione è solo un mio sciocco tarlo.
La tecnica della Juan è misurata, la passione e la
forza sono orchestrate per creare un mondo che non lascia indifferenti. Dopotutto
l’arte non è solo prati verdi e cieli colorati… assolutamente no. Non sono solo
certa che il concetto della Juan possa contenersi in un volume, con testi dell’artista,
illustrazioni dell’artista. È tutto un buco nero potentissimo. Quando la Juan
si mette al servizio di contenuti di altri, basta guardare le copertine da lei
curate o i lavori con Matz Mainka… lì qualcosa sembra muoversi.
Ana Juan sicuramente riscuote molto successo perché attualmente
il dolore attira più di qualunque speranza, ma il valore dell’artista è proprio
nei suoi lavori grafici, in tutto. Riguardo alle tematiche credo ci voglia
tempo per comprende il ruolo di Ana Juan nella nostra epoca. Un’opera d’arte è
tale quando emerge, e quando un nutrito numero di esperti del campo decidono che
un determinato materiale scaturito dall’intelletto e dal lavoro umano lo è.
Detto questo credo di poter apprezzare la grandezza e la forza dei lavori di
Ana Juan senza dire che mi piacciono le sue narrazioni. La difficoltà sta
proprio nello scindere l’impatto personale dal lucido confronto con un
messaggio veicolato da un sublime incantatore dell’immaginazione.
Non sono costretta a rileggere questa storia, sicuramente
riguarderò le tavole… e rifletterò, e mi perderò, ancora.
Nell’epoca della creazione spasmodica di contenuti da
parte di tutti, credo si debba distaccare il giudizio personale e il proprio impatto
con un’opera dalla diffusione della cultura. Non sempre “qui”, “ora” ed io…
possiamo mettere il punto accanto ad un prodotto artistico.
Grazie e buona lettura!