IL
TEATRO ELISABETTIANO E GIACOMINIANO
E
IL “GLOBO” RAPPRESENTATO DAI DRAMMI
SHAKESPEARIANI
TOTUS MUNDUS AGIT HISTRIONEM
TOTUS MUNDUS AGIT HISTRIONEM
Shakespeare emerge come
autore all’interno di una galassia semantica e culturale complessa.
Oggi i modi scenici
sono profondamente cambiati, come anche le condizioni caratterizzanti il lavoro
del palcoscenico. È naturale pensare i personaggi muoversi e dar vita al testo
secondo ciò che conosciamo. Il teatro ai tempi del “Bardo di Avon” era un cosmo diverso dagli scenari che nella
mente ci costruiamo e mettiamo in movimento leggendo un suo dramma, e lontano
da ciò che i nostri sensi vivono in una rappresentazione contemporanea.
I testi stessi di
Shakespeare furono condizionati dalle convenzioni del teatro elisabettiano e
giacominiano. Per comprendere quei testi, per afferrarne a pieno i modi e i
contenuti, dobbiamo situarli in uno specifico ambiente artistico e fisico. La
configurazione spaziale, temporale e culturale fu ciò che permeò ogni dramma
dalla concezione, alla realizzazione… alla resa e percezione.
Il lasso temporale
parte dal regno di Elisabetta I (1558-1603), attraverso quello di Giacomo I
(1603-1625)… fino alle profonde crisi politiche, sociali, spirituali e anche
culturali del regno di Carlo I (1625-1649).
Fare teatro era
“rivoluzionario”, era un’attività che infastidiva molti e fu soggetta a molte regolamentazioni:
ricordiamo che nel 1642, alla fine, arrivò la chiusura dei teatri dopo anni di
intolleranza da parte della borghesia puritana; questo alla vigilia della Prima
Rivoluzione Inglese.
Il primo teatro ̶
vicino a quello che oggi potremmo considerare tale ̶ fu
costruito nel 1576 fuori dal centro storico di Londra: il The Theatre. Poi
venne il The Globe che sfortunatamente andò a fuoco, per un incidente, nel
1613, e fu ricostruito poco lontano dal luogo originario solo tre secoli dopo e
inaugurato nel 1996.
SHAKESPEARE “UOMO DI
TEATRO”
Negli anni ottanta del
1500 sono riscontrabili le prime testimonianze dello “Shakespeare attore”
presso la compagnia Lord Chamberlain’s man. Come drammaturgo ci è noto dal
1592… i suoi drammi sono quindi il frutto della sua esperienza come
professionista della scena. Shakespeare era anche tra i proprietari del Globe
Theatre, e di quest’ultimo come del BlackfriarsTheatre era anche azionista: sharer.
Allora non esisteva il
copyright e i copioni venivano venduti alle compagnie alle quali il drammaturgo
cedeva l’opera per un forfait. Ciò non significa che Shakespeare non fosse
attento al lato economico: aveva da perdere sotto molti punti di vista da un
fallimento… a ragione della sua presenza a tutto tondo nella scena del teatro
elisabettiano. A tale proposito ci sono molte testimonianze riguardo cause
legali verso inquilini morosi: Shakespeare aveva molti interessi economici che
curava con dovizia.
LA FRUIZIONE DEI DRAMMI
Shakespeare sposava in
toto le ragioni della scena per rendere le opere accessibili a tutti: dalla
ricchezza intellettuale e retorica apprezzabili da una ristretta cerchia, alla
presa in considerazione delle condizioni e delle modalità di istruzione delle
masse e all’attitudine delle percezioni di quest’ultime. L’istruzione presso le
grammar schools, presso cui aveva
studiato anche Shakespeare presso Statford, predisponeva ai modi della
retorica… specialmente si aveva bene a mente le strategie e l’importanza dell’elocutio: della persuasione. Anche i
sermoni religiosi erano piuttosto lunghi quindi si può dire che nel periodo
storico dove i teatri, nonostante mille difficoltà, diedero vita alle messe in
scena più note e fondanti si era mentalmente e sensorialmente pronti a spendere
una grande quantità di tempo per “ascoltare”qualcosa.
Si usava dire “Hear a
play” ossia “ascoltare un dramma”; si puntava così a soddisfare non solo
l’occhio ma anche a coinvolgere le orecchie degli spettatori. La poesia e
l’azione scenica vengono così a compenetrarsi e a influenzare i testi e le
scelte dei drammaturghi e dello stesso Bardo.
Ogni pagina scritta
nasceva in relazione alla compagnia e alla struttura scenica di destinazione.
TEATRO COME DOMINIO
DELL’ATTORE
I personaggi stessi
inventati dal drammaturgo venivano pensati per specifici attori, nel caso di
Shakespeare per determinati personaggi dei Chamberlain’s Men o dei King’s Men.
Amleto fu scritto, cesellato e cucito per l’attore Richard Burbage.
Anche lo spazio fisico
era una condizione tenuta in considerazione con molta attenzione, in primo
luogo il teatro “pubblico”, all’aperto, appartenente alla compagnia di
Shakespeare.
La forma del teatro
pubblico elisabettiano incise sugli aspetti esteriori e meccanici dell’intera
messa in scena, a partire dal numero dei personaggi fino alla loro
disposizione. Le ragioni profonde della drammaturgia shakespeariana risiedevano
proprio in tutto questo.
Harold Bloom sostiene
che Shakespeare abbia inventato “l’uomo moderno”, così, tout court: l’esplorazione della soggettività umana, in realtà non
sarebbe stata possibile senza quel particolare veicolo teatrale.
Il soggetto era AL
CENTRO. Ogni gesto, intonazione o uso della voce, costume... ERANO LO SPETTACOLO!
Era tutto nell’azione:
ogni battuta costruiva il personaggio e l’ambiente e il tempo. Nel teatro
elisabettiano la scenografia era pressoché assente e spettava all’attore la
costruzione del contesto, le suggestioni materiche di qualcosa che
materialmente era quasi invisibile.
Tra attori e pubblico
vi era un tacito patto: i segni teatrali erano il simbolo di una realtà
immensamente più vasta.
LA STRUTTURA
Il palco era aggettante: il thrust stage era, relativamente, senza ostacoli. Gli unici aspetti
fissi erano la frons scenae, il fondo
della scena, ornato di pitture… e al cui interno si aprivano due o tre porte di
ingresso e uscita; i due pilastri di legno che simulavano colonne di marmo che
sostenevano il tetto sopra il palco. Forse tale organizzazione era l’evoluzione
degli spazi informali di piazze e cortili delle taverne, utilizzati in precedenza
per le rappresentazioni e che richiamavano aspetti del teatro greco-romano.
All’attore era
destinata l’intera responsabilità di essere la FONTE dell’attrazione del
pubblico. Il teatro era un teatro di AZIONE SCENICA e di PAROLA. Il lavoro del
drammaturgo concepiva la poesia che acquistava braccia e gambe attraverso la
“possessione” dell’attore. Anche se le genti erano avvezze all’ascolto, come
già detto, le rappresentazioni erano brevi rispetto ai tempi contemporanei: la
durata di uno spettacolo era di circa due ore e ciò era reso possibile da tagli
e una certa rapidità di recitazione aiutata dall’assenza di scenografia.
IL TEATRO COME IL
MONDO, IL MONDO COME UN TEATRO
Ciò che caratterizzava
i teatri ai tempi di Shakespeare era soprattutto la MULTIDIMENSIONALITÀ.
Il Globe era largo
circa 15 metri e profondo 8: una straordinaria ampiezza di certo. Queste misure
erano il contenitore abile a ospitare tutti gli attori di un dramma che spesso
si dovevano trovare in scena contemporaneamente… perché il tempo e lo spazio si
sovrapponevano in una disposizione che oggi avremmo difficoltà a comprendere ma
che all’epoca era consueta e straordinariamente funzionale.
Ricostruzione del Globe Theatre, realizzata da Joseph Q. Adams nel tardo XIX secolo. P
Ph. by Folger Shakespeare Library which was uploaded on February 7th, 2017.
Una compagnia poteva
essere composta dai 14 ai 18 attori. A volte personaggi che erano in “luoghi”
diversi si trovavano sul palco in contemporanea. Solo il tiring house, lo spogliatoio, era l’altro luogo in cui gli attori
si avvicendavano nell’alternanza delle entrate e delle uscite.
I plays elisabettiani non erano divisi in atti e scene: ciò era
determinato dall’avvicendarsi dei personaggi sulla scena. I gruppi di attori in
entrata e in uscita erano invisibili tra loro… e questo era assolutamente
consueto per chi assisteva, e per chi doveva scrivere la storia… che nel caso
di Shakespeare è diventata “storia” nel senso più ampi del termine.
In Hamlet, nella scena quarta del primo atto, il fantasma conduce
Amleto lontano da Orazio e gli altri presenti uscivano da una porta per
rientrare subito da un’altra entrata. Ogni porta era un “passaggio” non solo
spaziale ma ideologico e narrativo.
Anche la DIMENSIONE
VERTICALE aveva un ruolo fondante e assai suggestivo e stuzzicante.
Il palco era sollevato
di circa un metro e mezzo e vi era, quindi, un sottopalco. Questo particolare
probabilmente era un retaggio dei pegeant…
carri tardomedievali utilizzati per la performance in piazza dei morality plays e dei mistery plays: in entrambe le
rappresentazioni il sottopalco aveva una finalità simbolica. Quell’area
sottostante era per così dire… OFF LIMITS:
vi abitavano diavoli e spiriti maligni che entravano e uscivano tramite una
botola. La sopravvivenza della simbologia religiosa nel teatro laico è
innegabile. Gli attori elisabettiani continuavano a battezzare la zona come HELL (inferno), anche dove non aveva un
ruolo diretto. Il soffitto del palco, decorato con costellazioni e pianeti,
veniva invece familiarmente chiamato HEAVEN
(paradiso).
Il dramma shakespeariano
rappresentava l’uomo nel suo dibattersi tra il “cielo” e la “terra”… sospeso
tra “inferno” e “paradiso”.
Il nome del secondo
teatro della compagnia di Shakespeare, THE GLOBE, allude alla nozione di
THEATRUM MUNDI: un teatro del mondo intero era lì dinanzi allo spettatore,
all’uomo. Su quelle tavole si poteva viaggiare nel tempo e nello spazio e tutte
le tipologie umane e psicologiche potevano essere rappresentate, da uomo a
uomo… da bocche parlanti a orecchi attenti.
Il motto sovrastante la
porta del teatro di Shakespeare recitava: “TOTUS MUNDUS AGIT HISTRIONEM”… e per
capirne la traduzione simbolica e non letterale… basta ascoltare le parole di
Jacque in As you lik eit: “tutto il
mondo è un palcoscenico”. Il globo gioca a fare l’attore… o il globo crea
l’attore?
PICCOLI RIFERIMENTI
Amleto è attanagliato
dal dubbio sulla natura dello spettro paterno… si potrebbe pensare che non si dovrebbe aver timore e provare solo gioia
nel rivedere un “caro estinto”… beh così non era per le credenze dell’epoca e
nello specifico ci interessa ciò che suggeriva la messa in scena. All’inizio
del dramma Bernardo si accingeva a narrare la comparsa del fantasma avvenuta
prima, dopo ovviamente l’invito agli spettatori a sedersi e a guardare in alto…
lo spettro si manifestava attraverso la botola.
Shakespeare giocava
magistralmente con le percezioni del pubblico e con le convenzioni del teatro…
e tutto creava emozioni disturbanti che non sempre possiamo rievocare leggendo
le parole del “Bardo” su un volume… e oggigiorno si sa quanto sia libera
l’interpretazione della realizzazione di un testo teatrale.
In
questo caso specifico, credo che conoscere questi particolari storici possa
davvero farci apprezzare le sapienti “prese in giro”… assolutamente serie… che Shakespeare utilizzava per uno studio
psicanalitico non solo dei personaggi ma degli stessi spettatori.