IL
CORPUS DEL TAO TE CHING
E
LA FIGURA DI LAO TZU
Ph. Francesca Lucidi. Il Tao te Ching edito da Feltrinelli nella Collana Spiritualità.
Il
Tao te Ching di Lao Tzu è un dono per
l’umanità.
Il
titolo in realtà è ambiguo e di difficile traduzione e ciò ha molto a che fare
con il Tao.
Tao non ha un equivalente nella
nostra lingua; viene avvicinato al concetto di via o espresso in “modo in cui opera l’universo”. Il Tao in realtà
è un profondo mistero. L’universo e la vita stessa hanno un’origine: la
profondità di quest’ultima ci sfugge perché va aldilà della nostra compresione…
perché? Perché il Tao è “prima di tutte le cose” e quindi anche dei concetti
utilizzabili per una razionalizzazione, che nulla ha a che fare con il Tao.
Il
corpus del Tao viene attribuito a Lao
Tzu.
Lao,
secondo la leggenda, era il custode degli archivi imperiali dell’odierna Cina,
sotto la dinastia Chou, circa ventisei secoli fa.
Durante
un periodo di disordini, egli decise di allontanarsi dalla civiltà e di andare,
da solo, sulle montagne.
Un
giorno si presentò alle porte della città e fu fermato da una guardia… l’uomo
appreso cosa Lao si apprestava a fare… gli chiese di lasciare degli
insegnamenti per le genti, così Lao scrisse il Tao te Ching.
È
più probabile che il corpus sia stato sviluppato nel corso di
due o tre secoli da diversi saggi. Alcuni di essi furono donne… e il “materno”
ha molto a che fare con il Tao.
Alla
fine poco importa quale sia la vera storia filologica, ciò che importa è
l’enorme risonanza di questo canto che si scaglia contro i mali del mondo, di
certo non considerando il “male” nel senso convenziale, e che i suoi
insegnamenti sono di una portata enorme… e profondamente balsamici ancora oggi.
La
contemporaneità non dovrebbe poter fare a meno di ciò che il Tao te Ching spiega, anzi mostra.
È
da ricordare che il Taoismo di Lao Tzu, risalente al VI-V secolo a.C., è
differente da quello, ad esempio, religioso che si incarna in diverse sette e
organizzazioni. Il Taoismo filosofico va seguito attraverso l’andamento
perpetuo delle sue radici che hanno raggiunto arte, poesia… pensiero, in Oriente
e non solo. Ad esempio, un grande regalo del Tao è quel movimento Ch’an, in
seguito conosciuto come Zen. Le
pratiche taoiste affiancano e permeano i germogli e le luci di altre religioni
e tradizioni.
Il
Saggio del taoismo è ancora oggi la
forma “umana” più auspicabile per un equilibrio salubre, interno ed esterno al
mondo e alla persona.
GLI
INSEGNAMENTI DEL TAO te CHING
La
natura del Tao
Il
Tao è indefinibile perché è prima di tutte le cose:
“Il Tao è aldilà delle
parole
e aldilà della
comprensione.
La parole possono
essere usate per parlarne,
ma non possono
contenerlo.
Il Tao esisteva prima
delle parole e dei nomi,
prima del cielo e della
terra,
prima delle diecimila
cose,
liberati dei nomi,
dei concetti,
delle aspettative,
delle ambizioni e delle differenze.
Il Tao e le sue
innumerevoli manifestazioni
sorgono dalla sua
stessa fonte:
la sottile meraviglia
dell’oscurità misteriosa.
È la sua grandezza
a renderlo incomprensibile… ma il Tao non va compreso. La cosa fondamentale da
capire è che il Tao, come tutto ciò che ne scaturisce, è esperienza.
Il
Tao non è un Signore che domina sulle genti: non è un monarca anche perché non
è una persona. In molte religioni
monoteiste la divinità è associata a una “persona” e in particolare a un essere
maschile.
Il
Tao non ha caratteristiche di genere perché le contiene tutte; però è
avvicinabile a un “potere femminile” perché il Tao è il ventre del mondo,
l’origine e fonte di tutte le cose. Le facoltà femminee del Tao non lo
avvicinano però a una Dea.
IL TAO NON SI PREGA
PERCHÉ NOI STESSI SIAMO IL TAO
Il
Tao non si prega perché noi stessi siamo il Tao, siamo parte di esso e dentro
di esso… e il Tao non è un ente che programma o gestisce; non si prega perché
si dà spontaneamente e non potrebbe essere altrimenti. Ciò che conta non è la
nostra capacità di volere fortemente o pregare qualcosa: il nostro potere è nel
riuscire a fluire in modo armonioso nel processo del Tao, sapendo di non essere
indispensabili e di essere un’energia che nel suo ciclo segue delle fasi
fondamentali che non si possono fermare. Questo però non è il destino… che noi
identifichiamo con la nostra professione, la nostra felicità, la nostra
posizione sociale: il flusso è la
vita stessa che va avanti e ha un suo mistero eterno assolutamente lontano
dagli “scopi” che intrappolano e confondono. Si sta parlando di qualcosa ben al
di sopra di una bella o una brutta giornata, sopra i dolori e le gioie perché
oltre ogni definizione. Si parla di qualcosa di indistruttibile che nel
complesso rende indistruttibili anche noi.
Il
Tao non si prega perché come tutte le cose naturali non è sentimentale:
“Il cielo e la terra
non sono sentimentali;
nulla considerano
indispensabile.
Nemmeno il saggio è
sentimentale;
egli considera ogni
cosa effimera e transitoria.
Il Tao è come un
mantice:
vuoto , eppure
inesauribile.
Più lo utilizzi, più
produce.
Ma se ne parli troppo,
la tua comprensione si
esaurisce.
Semplicemente rimani al
centro del circolo.”
Il concetto di Vuoto
Siamo
abituati a pensare al vuoto come assenza, e all’assenza come qualcosa di
negativo… e tutto ciò nel Tao non ha significato, o meglio non ha funzione. Il
Tao ci dona la vita: non per ottenere uno scopo ma perché emana se stesso
perché la sua natura è vuota. Per
cercare di avvicinarci al Tao possiamo pensare alla sua natura come al ventre di
una donna: vuoto perché ricettivo, in potenza creazione e spazio accogliente
per l’essere. Il vuoto ha una funzione
fondamentale, anche se non possiamo vederla… e il Tao sta al mondo come il
centro vuoto del mozzo sta alla ruota:
“Trenta raggi si riuniscono
in un centro vuoto
ma la ruota non
girerebbe senza quel vuoto.
Un vaso è fatto di
solida argilla,
ma è il vuoto che lo
rende utile.
Per costruire una
stanza, devi aprire porte e finestre;
senza quei vuoti, non
sarebbe abitabile.
Dunque, per utilizzare
ciò che è
devi utilizzare ciò che
non è.”
E mantenendo a
mente queste metafore possiamo parlare anche del concetto di centro. Se restiamo aperti siamo nel
centro che è il Tao stesso. La quiete dell’abbandono di ciò che è fuori ed è
spesso vissuto in modo spasmodico e con senso di possesso. Va coltivato un
centro aperto… vuoto e abile a
colmarsi. “Rimani al centro e sarai sempre a casa”, “resta nel Tao e il mondo
viene a te”. Rimanere nel centro
significa seguire la “via del Tao” dalla quale ci si allontana quando ci si
riempie la testa e il cuore di idee, di preconcetti, di definizioni, di
aspettative e paure e differenze.
La
brama del possesso
I desideri fatui sono
il veleno dell’umanità, specialmente dell’uomo moderno: ognuno considera il
mondo come la scena della propria conquista. Inseguire qua e là il possesso
ostacola la crescita: l’uomo si illude di dominare e alla fine si ritrova in
mano un mucchietto di sabbia sfuggente… perché l’universo che è il Tao ha il
suo processo di cui si può far parte, di cui per natura facciamo parte, ma che
non si può dominare nel senso egoistico a cui siamo abituati:
“Dominalo e lo rovinerai, afferralo e lo perderai.”
Questo atteggiamento ha
inquinato il nostro rapporto con la natura esteriore, divenuto distruttivo. Non
riuscendo a fluire e stando immobili nella gabbia degli scopi l’uomo è
insoddisfatto e proietta la propria insoddisfazione all’esterno. Il conflitto
interiore diventa conflitto globale, guerra. La quiete, il vuoto e il centro
sono un’unica cosa. Siamo stati istruiti a non poterci vedere piccoli, ma
quella piccolezza è un’eterna grandezza… anche perché ogni “misura” del Tao si
mantiene nell’equilibrio. La vera conquista sta nel non agitarsi: ciò, per chi
è avvezzo a queste conoscenze, non è lontano da molti insegnamenti e “cure” dei
metodi della psicologia. Lasciar andare è un’opportunità unica: cercare di non
ottenere con la violenza di una chiusura mentale che ci soffoca e limita la
nostra evoluzione e la nostra salute come esseri viventi.
Tutto ciò che è prima o
poi deve tornare alla sua radice, che è la propria radice e la radice del Tao.
È ciò che avviene sia con la morte naturale
sia con la meditazione di quiete. Il ritorno alla radice è il movimento del
Tao, che non può essere fermato. Gli eccessi sono quindi i nemici dell’essere…
se una cosa viene esasperata in fretta è destinata ad esaurirsi con altrettanta
celerità. La nostra bramosia è una forma di violenza potentissima e il non
violare la “natura” è la prima regola del Tao:
“Non violentare le cose, o ne sarai violentato.”
Tutto ciò non può non
portarci a riflettere sul carattere globale della violenza umana sugli elementi
naturali: interni… ed esterni.
“Chi dimentica se
stesso, non viene mai dimenticato”. Il vuoto non è immobilità ma un CENTRO DI
ATTRAZIONE.
La conoscenza
La mente moderna è
abituata a un dualismo che è esclusione. La mente a volte diventa un potere
raggelante che tenta di immobilizzare e cristallizzare ciò che per natura è in
movimento. L’uomo innaturale non scioglie i nodi ma parcellizza e rende gli
angoli più taglienti. La conoscenza deve essere aperta e partire dal concetto
di vuoto. Quando siamo persi nelle definizioni perpetriamo un sapere artefatto.
L’unica conoscenza possibile e naturale è la conoscenza contemplativa e
soprattutto PARTECIPATIVA. La via taoista è un togliere e non un aggiungere.
“Comprendi senza conoscere.”
Quale affermazione può
essere così difficile e quasi spaventosa per noi, oggi.
Nel Taoismo si parla di
“notte spirituale” che non è assenza ma ricettività, umiltà e unione con il
tutto. Da tempo, ascolto i video di un noto psicanalista che invita all’esercizio della grotta: un cammino verso
il profondo che nel buio non ci faccia trovare la paura ma la visione
distaccata e chiara di noi, delle emozioni… senza giudizio alcuno. Il giudizio
è qualcosa che ci uccide in silenzio… che ci soffoca e immobilizza. La
purificazione è nell’accettazione nel fluire: come l’acqua di una grotta oscura
che penetra e raggiunge… che scompare per poi riaffiorare.
“Chiudi la bocca. Blocca la porta. Acquieta i sensi…
Sii come polvere e penetra nell’unità originaria.”
L’annullamento non è
scomparire: IL SAGGIO NON PUÒ MORIRE PERCHÉ È GIÀ MORTO. La morte è spaventosa
perché è frutto della paura nata dal desiderio di possedere e definire, e
toccare con mano e razionalizzare ogni cosa. L’Io viene concepito come un
oggetto qualsiasi da possedere… quando invece nel flusso delle diecimila cose
del Tao l’eternità è già compresa nel suo essere e non essere.
La
non- azione e il Wu-Wei
Anche il bene e male
sono concetti molto ostici se raffrontiamo la nostra cultura con il Tao; se ci
sforziamo di fare il bene non è detto che questa forzatura porti ad un bene
reale.
Sembra terribile
leggere che il Tao invita a eliminare la rettitudine e la morale… questo perché
non vi è teoria del Tao ma solo azione. Non stiamo parlando di un invito al
caos; infatti come il Tao governa e dirige l’universo, così l’uomo deve
governare la terra: senza possesso e scomparendo nell’equilibrio e
nell’accettazione degli opposti. Un mondo senza dolore è impossibile… ma
mantenere un equilibrio tra poliziotti e ladri è il modo migliore per ottenere
durevolezza. Il capo migliore è colui che scompare, che guida e seguendo al via
del Tao fa credere al popolo di essere il fautore del buon governo: l’ESSERE
PARCECIPATIVO è un punto sul quale si insiste molto. Il governatore deve essere
un saggio perché se il suo palazzo è pieno di tesori e i granai sono vuoti il
territorio sarà lo specchio del suo agire. Paradossalmente l’equilibrio
interviene anche nell’affermazione che “più leggi ci sono, più si moltiplicano
i furfanti”. Sia chiaro che qui stiamo solo raccontando il Tao… e a mente
aperta e vuota si ascolta… senza dire che sia meglio questo o quello.
È affascinante la
concezione del rapporto tra il capo e i suoi sudditi come quello che esiste tra
il corpo e le membra:
“Quando il governo è rilassato e tranquillo, il
popolo è sano e bonario.”
Il buon governante
illumina ma non abbaglia. Il buon capo riesce a utilizzare la forza degli
altri. L’ingerenza politica deve essere equilibrata, sia nella vita fiscale sia
nella vita privata dei cittadini. Qui entra in campo quella NON-AZIONE già
menzionata.
La NON-AZIONE, o WU-WEI,
è quell’atto naturale che non nutre ambizioni egocentriche e riesce ad
adeguarsi flessibilmente. Per questo si parla di “via” non come meta ma come
cammino. Saper vedere e ascoltare è il regalo dell’emancipazione da un’azione
bramosa desiderosa di governare e sottomettere… e anche qui la natura del Tao
ci viene in aiuto.
Dinamismo:
Complementarietà e Dualismo
Il Dualismo è qualcosa
di costitutivo per il mondo, ma mentre per noi diviene spesso un ostacolo nel
Taoismo è un motore evolutivo che mira a ricomporre tutto nell’unità: un’unità
dinamica e fatta di complementarietà.
Se siamo in grado di
riconoscere che una cosa è bella o che è buona, necessariamente introduciamo
anche la categoria del brutto e del cattivo, del suo opposto complementare. I significati
in questo caso non hanno una volontà di definizione qualitativa, appunto per
l’accettazione della relazione tra le cose: che senso avrebbe parlare di luce
se non ci fosse il buio?
Alla fine anche una
semplice piantina ha fisiologicamente bisogno di una dose equilibrata di sole,
di notte… di acqua o aria secca. La natura viene spesso costretta, specialmente
la natura interiore e psicologica. La rosa non si chiede perché è una rosa e
non si sognerebbe di diventare una quercia, noi siamo in grado di vivere in
questo modo “naturale”? E badate bene non significa non migliorarsi ma non
forzare, non violentare e di conseguenza non annientarsi uscendo dal cammino,
dal processo.
Gli opposti
complementari sono in un continuo rapporto dinamico tra loro. Tutto fa parte di
un’unità originaria che contiene entrambi gli elementi di una dualità. Il
movimento ciclico, poi, fa sì che una cosa scivoli nell’altra… e da lì ancora
l’importanza dell’equilibrio.
Quando un processo
raggiunge il suo culmine è fisiologicamente spinto verso la discesa… verso la trasformazione
del suo contrario; quindi cosa fare? La MODERAZIONE è la chiave. Evitando gli
estremi e “avvertendo” il corso degli eventi, ascoltando… possiamo affrontare
le future cose difficili quando sono ancora facili. Ovviamente non possiamo
pensare di diventare veggenti, ma abbiamo la naturale attitudine per essere dei
SAGGI.
Ciò che è equilibrato
si mantiene facilmente, e se guardiamo fuori, intorno a noi:
“Una tempesta non dura
tutta una mattina,
uno scroscio di pioggia
non dura un giorno intero.”
Yin
e Yang: Maschile e femminile
Il Tao ha delle
“costanti” riconoscibili allo spirito aperto. Identificare le costanti
significa avvicinarsi al Tao; l’osservazione delle suddette è illuminazione.
Una delle leggi del Tao è che esistono due polarità: una che potremmo definire
femminile (Yin) e l’altra che potremmo definire maschile (Yang). La seconda è
positiva e la prima negativa ma non con un significato morale (cose queste… che
poco appartengono al Taoismo). Nessuna delle due è superiore all’altra. Lo Yin è il ricettivo, la madre, l’inverno, il
freddo, l’ombra, il morbido, la passività; lo Yang è il creativo,
l’attività, la razionalità, il duro, il caldo, il fuoco, la luce. Entrambi i
poli determinano il mondo così com’è. Anche all’interno del corpo umano
possiamo distinguere queste parti: nella medicina cinese la parte destra è lo
Yang, la sinistra lo Yin, ed entrambe devono essere in equilibrio... se un lato
manca di energia l’altro va in iperattività con conseguenze sulla funzionalità
del corpo e della psiche, in modo interdipendente.
“Conoscere il mascolino e tuttavia affermarsi al
femminile significa essere il ventre del mondo.”
Tutto questo non può
non suggerire dei collegamenti con la psicanalisi…
Per guidare noi stessi,
o i popoli nel caso dei governati, è bene riscoprire entrambe le polarità.
L’energia scorre in un
circolo di equilibri: l’agopuntura ad esempio punta proprio all’armonizzazione
di questi processi; ormai si è studiato abbastanza sull’efficacia di questa
pratica che ricordiamo è praticabile in Italia solo da personale laureato in
medicina.
In
conclusione
Il Saggio accetta le
cose come vengono, e anche il Governante-Saggio tiene sottocchio le leggi del
Tao da una parte e l’interesse GENERALE dall’altra.
L’auspicio è quello di
conservare l’armonia: nel rapporto con la natura e con i poli dinamici del Tao;
lo scopo-non scopo è “aiutare tutti
gli esseri a diventare se stessi”.